Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
194 | la cassaria. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu{{padleft:204|3|0]]
Impiccarti, ed ha seco il boja. Or vedi se
Hai tempo di cianciar! Fuggi, dileguati.
Lucramo.Ah, Fulcio, io mi ti raccomando, ajutami,
Consigliami. Sai ben s’io t’amo, e amatoti
Abbia sempre, dipoi che l’amicizia
Nostra si cominciò.
Fulcio. Per questo vengoti
Ad avvisar, e mi metto a pericolo
D’esserne castigato...
Lucramo. Ti ringrazio.
Fulcio.Chè se ’l patron mio lo sapesse, dubito
Che mi faría teco impiccar. Ma lievati
Di qui, e non gracchiar più.
Lucramo. Ma la mia povera
Famiglia e le mie robe, ove rimangono?
Fulcio.Che famiglia, che robe! Meglio perdere
È ogni altra cosa tua, che te medesimo.
Fuggi: che tardi ancor?
Lucramo. Ma dove, misero.
Posso io fuggir? dove mi debbo ascondere?
Fulcio.E che dia voi so io? Ho fatto il debito
Mio un tratto: tuo sia il danno, se t’impiccano.
Io non vô già che teco mi ritrovino,
E m’impicchino appresso.
Lucramo. Ah Fulcio, ah Fulcio!
Fulcio.Taci, non nominarmi, che possi essere
Squartato: che non t’oda alcuno, e accusimi
Al patron, ch’io sia corso ad avvisartene.
Lucramo.Io mi ti raccomando. Deh! di grazia,
Non mi lasciar.
Fulcio. Al boja raccomandati,
Non a me. Non vorrei per cento milia
Ducati, che ’l patron venisse a intendere
Ch’io t’avessi parlato.
Lucramo. Ah, per Dio, ascoltami
Una parola.
Fulcio. Io non ti posso attendere;
Che mi par di sentir di qua, e mi dubito
Che sia il bargello.
Lucramo. Io verrò teco.
Fulcio. Voltati
Altrove pur, che non vô che ti trovino