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atto primo. — sc. vi. | 369 |
mente fai, più tenendo cotal pratica.
Cintio.Non è per mal effetto s’io gli pratico
In casa, e non è tra me e quella giovane
Alcun peccato: così testimonio
Me ne sia Dio. Ma chi può le malediche
Lingue frenar, che a lor modo non parlino?
Massimo.Pur ciance! che vi fai tu? che commerzio
Hai tu con lor?
Cintio. Non altro che amicizia
Onesta e buona. Ma in quali case essere
Sentite donne voi, ch’abbiano grazia,
Che tutto il dì non vi vadano i gioveni,
Essendo o non essendovi i lor uomini,
A corteggiar?
Massimo. Nè l’usanza è lodevole:
Cotesto al tempo mio non era solito.
Cintio.Doveano al vostro tempo avere i giovani
Più che non hanno a questa età malizia.
Massimo.Non già; ma ben i vecchi più accorti erano.
Mi maraviglio che al presente gli uomini
Non sieno affatto grassi come tortore.
Cintio.Perchè?
Massimo. Perchè hanno tutti sì buon stomaco.
Torna in casa, e tien compagnía all’astrologo;
Ch’io voglio ire a un mio amico, che mi accomodi
D’un suo bacin d’argento, ch’è assai simile
Al mio, poichè non basta un solo, e vuolene
Due. Di quest’altre cose che bisognano,
N’ho in casa molte; e di parecchie datoli
Ho li danari, acciocchè esso le comperi
Secondo che gli piace. Io mi delibero,
Che s’io dovessi ciò c’ho al mondo spendere,
Per me non stia che tosto non ti liberi.