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atto secondo. — sc. iii, iv. 379
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Io porto a voi, facciate quanto intendere
A bocca da mia parte il nostro astrologo
Vi farà; nè pensate già di prenderci
Scusa, chè nè impossibil nè difficile
È però questo ch’io vi fo richiedere.
Se sête mio, come io vostra, chiarirmene
Può questa pruova. State sano e amatemi.
Nibbio.(Cuius figuræ? ben si può dir: simplicis.)
Astrologo.Sête vo’ al fine?
Camillo.                          Sì. Ma che accadevano
Preghi? Non è ella certa che accennandomi,
Mi può cacciar nel fuoco? e domandandomi
Il cuor, son per spararmi il petto e darglielo?
Che ho a far?
Astrologo.                        Come vedete, è lettera
Credenzïale: oggi vi farò intendere
Quel che da parte sua v’ho a dir. Lasciatevi
Riveder.
Camillo.               Non è meglio ora spedirmene?
Astrologo.La cosa importa, e non è da passarsene
In tre parole o in quattro. Differiamola
Più tosto da qui un pezzo, chè più libero
Io sia che non sono ora, che da Cintio
Sono aspettato. Io vô con lui conchiudere
Un mio disegno, a cui diedi principio
Dianzi, che tutto sia però a vostro utile.
Ed ecco che esce la madre di Emilia.
Che non vi vegga meco! Nibbio, seguimi.


SCENA IV.

MADONNA, FANTESCA.


Madonna.Confórtati, figliuola, chè rimedio,
Fuor che al morire, ad ogni cosa trovano
Le savie donne. Or resta in pace. — Ah misera
Umana vita, a quanti strani e insoliti
Casi è soggetto questo nostro vivere!
Fantesca.In fè di Dio, che tôr non si vorrebbono
Se non a pruova li mariti.
Madonna.                                            Ah bestia!
Fantesca.Che bestia? Io dico il ver. Mai non si compera


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