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atto quinto. — sc. i, ii. | 409 |
Per vostra fede, e non correte a furia:
Informiamoci meglio.
Camillo. Chi informarvene
Meglio vi può di me, che con le proprie
Orecchie ho udito, ed ho con gli occhi proprii
Veduto, che qui dentro il vostro Cintio
Ha un’altra moglie?
Massimo. Piano; io vô informarmene
Un poco meglio.
Camillo. Entriam dentro; menatemi
Al paragone; e se trovate ch’io abbia
Più della verità giunto una minima
Parola, vi consento e do licenzia
Che mi caviate il cuor, la lingua e l’anima.
Massimo.Andiamo, andiamo.
Camillo. Andiam tutti; chiariamoci
Affatto.
Massimo. Deh, restate voi; lasciatemi
Andarvi solo, e non si faccia strepito
Nè, più di quel che sia, la cosa pubblica;
Non procacciam noi stessi la ignominia
Nostra.
Abbondio. Voi dunque andate, e poi chiamateci,
Quando vi par.
Massimo. Così farò. Aspettatemi.
Temolo.Io gli vô pur ir dietro, e veder l’ultima
Calamità che ci ha tutti a distruggere.
SCENA II.
NIBBIO, ABBONDIO, CAMILLO.
Nibbio.(Credo che tolto per una pallottola
Da maglio questi ghiottoni oggi m’abbiano:
Che l’un con una ciancia percotendomi,
Mi caccia un colpo infino a San Domenico...)
Abbondio.Fu gran pazzía la tua, lasciarti chiudere
In una cassa! e posto a gran pericolo
Ti sei per certo.
Nibbio. (Io torno, e trovo in ordine
L’altro con l’altra ciancia...)
Camillo.Resto attonito
ariosto. — Op. min. — 2. | 35 |
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