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454 | la scolastica. |
Che se, al fin pur, non volete ricevere
Da me conforto nè consiglio, vogliovi
Esser compagno a lagrimar e piangere.
Claudio.Nè in casa nè in Ferrara, Bonifacio,
Mi vô fermar, se non quanto si carichi
La robba mia, che sia condotta a Mantova,
Per drizzarla a Verona; e voglio ir subito
Per questo al porto; e poi cercar di bestia
Che via mi porti; ne più qui nè a Padoa
Nè a Bologna nè in terra che s’abiti.
Mi vô lasciar veder; nè mai più leggere
Testi nè chiose; e Baldi, Cini o Bartoli,
E gli altri libri stracciar tutti ed ardere.
Che maledetto il dì e l’ora possa essere
Ch’io venni al mondo, e la puttana balia
Che nel bagnar non mi fece sommergere!
Bonifacio.Oh, egli é ben disperato! Pover giovane,
E pover’ tutti gli altri che si lasciano
Tôr da questo assassino ch’amor chiamano,
La mente, il maggior ben che gli uomini abbiano!
Ma ecco torna la Stanna. Trovastine
Pur?
Stanna. N’ho trovati senza troppo avvolgermi;
E sono buoni, in fè di Dio. Toccateli.
Bonifacio.Oh, come son ben sodi!
Stanna. Non vi dico di
Questi, che non sono però da cuocere.
Bonifacio.Da cuocer no, ma sì ben da goderseli
Vivi e sani.
Stanna. Saría pasto da giovane,
E non da voi; chè vi potrebbon nuocere
Più che giovar.
Bonifacio. Odi, Stanna.
Stanna. Lasciatemi
Ir, c’ho troppo da far senz’anco spendere
Il tempo in ciance.
Bonifacio. E se fatti ci fussero?
Stanna.Mi levarei di notte per attenderci.