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IL BANDELLO

al magnifico

messer lorenzo zaffardo


Quando da la villa vostra vicina a Revero il mese passato mi partii, me n’andai giú a seconda per Po sino a Ravenna, ove dal nostro gentilissimo e vertuoso messer Carlo Villanova, quivi per la Chiesa romana governatore, fui tre di ritenuto e molto accarezzato. Ora avendo egli il secondo di nel monastero di Classi fatto preparare un solenne desinare ed una lauta cena, montati la matina a cavallo, con alcuni ravegnani in compagnia, quivi n’andammo, perché il monastero è circa tre miglia fuor de la cittá, vicino a la Pigneta, per la via che va a la volta di Cervia, ove il sale in gran copia si fa. E cavalcando per la Pigneta — ove per mio conseglio non è da caminare quando è gran romore di venti — avemmo gran piacere si per veder l’artificio che usano col fuoco a cavare fuori de le durissime pigne, come essi le chiamano, i pignuoli, ed anco per veder la moltitudine degli armenti quasi selvaggi che per la Pigneta pascono. Vedemmo altresi molte testuggini cosí terrestri come marine, di mirabil grandezza, ottime da mangiare. Ma piú d’ogni altra assai ce n’era una, vie piú grande senza parangone che non è la maggior rotella da fante a piè che mai si vedesse. Pervenimmo poi in un bellissimo pratello non di molta ampiezza, tutto circondato d’altissimi e spessi pini, ove tutto il giorno è in alcuna parte di quello ombra. E mirando e lodando molto la beltá del luogo, disse messer Carlo: — Io voglio che questa sera noi ceniamo su questa minutissima e verde erbetta, ché se non fosse tanto tardi, io manderei a prender il desinare. Ma il sole giá s’innalza, e meglio è che prendiamo il camino verso Classi, e IVI. Bandello, Novella. S

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