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IL BANDELLO
al molto gentile, vertuoso ed onorato
monsignor
giovanni gloriero
tesoriero di Francia
Non fu mai dubio, monsignor mio onorato, appo gli uomini saggi che tutti i disordini che al mondo avvengano, dei quali tutto il di infiniti ve ne veggiamo accadere, non nascano perciò che l’uomo si lascia vincere e soggiogare da le passioni e dagli appetiti disordinati. Onde da l’utile e piacere, che indi cavarne spera, accecato, gettatasi dopo le spalle la ragione, che di tutte l’azioni nostre deveria esser la regola, segue sfrenatamente il senso. Chi non sa che amore è cosa buona e santa, cui senza non si terrebbe il mondo in piedi? Ma chi da lascivo e falso amore si lascia irretire e quello a sciolta briglia séguita, non s’è egli veduto questo tale bruttarsi le mani nel sangue del suo rivale, e dai serpentini morsi de la velenosa gelosia ammorbato incrudelire col ferro ne la vita de la povera donna amata? Chi anco da l’ira sottometter si lascia, spesse volte dal furore de la còlerá trasportato a spargere il sangue umano e tórre la fama a questi e a quelli, pare che goda e che usando crudeltá inusitata trionfi. Ora se io vorrò discorrer per tutte le passioni che l’anima nostra conturbano e con mille taccherelle sforzano a far infiniti vituperosi effetti, mercé di noi stessi che non vogliamo con ragione governarci, io non ne verrei a capo in molti giorni, tanti e tali sono. Dirò pur una parola degli errori strabocchevoli che dal giuoco provengono, quando l’uomo, allettato dal piacere che prende di giocar il suo e quello degli altri, in tutto si dona al dannoso giuoco in preda. Presupponiamo per certo e fermo fondamento che qualunque persona al giuoco si de le
carte come dei dadi si dona, che a quello è congiunta l’ingorda