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NOVELLA IX

in orare e di (Fendere le liti, graziosissime; ed altre in vari es- sercizi molto famose e singolari. E chi dubita che oggidì non ce ne fossero assai che il medesimo farebbero che fecero l’an- tiche e forse di più, se da noi mercé del guasto mondo non fossero impedite, ché non vogliamo quelle esser bastevoli che a l’ago e al fuso? Ma preghiamo Dio che la ruota non si volga; ché se un tratto avvenisse che a loro toccasse a governar noi, come ora elle da noi sotto gravissimo giogo di servitù tenute sono, se elle non ci rendessero pane per ¡schiacciata, direi ben poi che senza ingegno fossero. Tuttavia gli uomini, ancor che basse le tengano e le tarpino l’ali a ciò che alzar non si possano, non sanno perciò tanto fare né tanto astutamente ingegnarsi che elle tutto ¡1 di non beffino degli uomini e molti per lo naso ove vogliono non tirino come si fanno i buffali. Ma io mi lascio trasportare a giusto sdegno che ho di veder questo nobilissimo sesso si poco prezzato. Ora venendo a l’istoria di Pantea, vi dico che ella fu assiriana, giovane di bellezza corporale a quei tempi riputata che pochissime pari e nessuna superiore se le trovassero per tutta l’Asia. Ed oltra che era bellissima, fu di molte vertii ornata, e massimamente fu lucidissimo e vero specchio di pudicizia e singular parangone d’amore coniugale, come nel successo de la mia istoria intenderete. Ebbe per marito un barone del re de l’Assiria chiamato Abradato, uomo appo il re di grandissima stima e da lui in tutti i maneggi de l’importanza degli stati adoperato. Avvenne in quei tempi che Ciro re di Persia deliberò fare l’impresa contra il re de l’Assiria, e faceva per questo effetto preparazioni grandissime di tutto ciò che a la futura guerra bisognava. Il che inteso dal re de l’Assiria, cominciò anch’egli a mettersi in ordine, a ciò ché da' nemici non fosse assalito a 1’improviso. E tra l’altre sue provigioni che preparò, fece di modo fortificar Babilonia e d’ogni sorte di vettovaglia fornire, che la rese inespugnabile. Appropinquando Ciro al paese de l’Assiria, fu impedito di passar avanti, perciò che Gindo, fiume profondissimo, senza navi non si poteva passare. Quivi Ciro fece quella memorabil impresa, che, annegandosi in detto fiume uno dei cavalli ch'egli aveva

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