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NOVELLA XIV
207 cominciò a crescer la peste e in breve fece un grandissimo progresso, di modo che d’aprile sino al settembre e ottobre affermarono gli ufficiali de la peste che tra la città e il contado morirono circa ducento trenta mila persone. Ma per la buona guardia che vi s’ebbe essendo la città benissimo purgata, fu mandato dai nostri superiori a predicar in duomo la seguente quadragesima il padre fra Girolamo Albertuzzo bolognese, cognominato da tutti «il Borsello», che era uomo di gran presenza, dotto, molto eloquente e nei suoi sermoni pieno di bonissima grazia. Intese egli, non saprei dir come, ciò che il marchiano aveva predicato del cordone e si meravigliò forte di tal pazzia; onde si deliberò levar i milanesi da si folle credenza, né altro aspettava che una onesta occasione. Avvenne che, predicando una domenica dopo desinare per certi giubilei a profitto de lo spedale maggiore, che il duca Lodovico Sforza, alora governatore del nipote, con tutta la corte e tutta la nobiltà di Milano si ritrovò a la predica, di modo che il .duomo, che sapete pure quanto è largo e spazioso, era tutto pieno. Il Borsello, parendogli esser prestata ottima occasione a quanto voleva fare, dopo che ebbe assai commendati quei giubilei, si rivolse al duca e gli disse: — Egli sono, eccellentissimo signore, molti di che io debbo dare una mala nuova al vostro popolo milanese; ma fin ora ho tardato, perché mi duole d’attristar nessuno. Tuttavia essendo il caso di grandissima importanza, e quanto più si tace tanto esser più peggio, ho io deliberato a la presenza vostra scaricarmi de l’obligo mio. — Quivi incominciò a dir quanto inteso aveva esser stato detto dal marchiano; soggiunse poi:—Avendo io, signor mio, inteso si eccellente privilegio d’esso cordone, mi era deliberato mandar a Roma ed ottener un breve dal papa che mi dispensasse che, ancora ch’io fossi frate di santo Domenico, mi fosse lecito portare quel beato cordone. Ma una notte, essendo io a l’orazione, m’apparve un angelo che mi disse: — Borsello, vien meco. — Andai con esso lui non molto lunge e sentii tremare tutta la machina de la terra e scuotersi con gran romore. Ecco che vidi quella innanzi ai piedi miei aprirsi, facendosi un’alta e larga voragine. M’inchinai per comandamento