Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
NOVELLA XVII
231 era in Normandia. Arrivato che ci fu, vi ritrovò alcuni baroni suoi amici dai quali fu benignamente raccolto. Ed inteso il caso suo, che era per accidente incognito fatto mutolo, gli ebbero compassione. Egli a costoro fece cenno che là era venuto per far il mestiero de l’arme in servigio del re. Il che a loro fu molto caro, conoscendolo per innanzi uomo di grandissimo animo e molto prode de la sua persona. Onde messosi in arnese d’arme e di cavalli, avvenne che si deveva dar l’assalto a Roano, città principale di Normandia. In questo assalto messer Filiberto si diportò tanto valorosamente quanto altro che ci fosse, e fu dal re Carlo veduto più volte far opera di fortissimo e prudente soldato, di modo che fu cagione che, rinovato l’assalto, Roano si prese. Avuto che si fu Roano, il re si fece chiamar messer Filiberto e volle saper chi fosse, per darli convenevole guiderdone del suo valore. Ed inteso che era dei signori di Virle in Piemonte e che era poco tempo innanzi restato mutolo non si sapendo in che modo, lo ritenne per gentiluomo de la sua camera con la solita pensione, e gli fece pagare alora duo mila franchi, essortandolo a servire come aveva cominciato e promettendogli far ogni cosa per farlo guarire. Egli con cenni umilissimamente ringraziò del tutto il re e, alzata la mano, accennò che egli non mancheria di servire fedelmente. Occorse un di che al passare di certo ponte s’attaccò una grossa scaramuccia tra i francesi e nemici; e dandosi con le trombe — A l’arme! a l’arme! —e tuttavia il romore tra i soldati crescendo, il re per far animo ai suoi v’andò. Guidava Talabotto, capitano degli inglesi, i suoi, ed egli in persona era sovra il ponte e quasi tutto l’aveva preso. Il re animava i suoi e mandava questi e quelli in soccorso, quando ci sopravvenne il prode e valoroso messer Filiberto armato suso un bravo corsiero. Egli a prima giunta con la lancia in resta animosamente investi Talabotto e lui e il cavallo riversò per terra. Presa poi una forte e poderosa mazza in mano, si cacciò tra gli inglesi e fieramente per- cotendo questi e quelli, mai non dava colpo in fallo e ad ogni bòtta o gettava per terra od ammazzava uno inglese, di modo che i nemici furono sforzati d’abbandonar il ponte e senza ordine