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PARTE TERZA pazzie. Datemi un beneficio e non mi straziate più. — Il duca ridendo gli diceva che ben farebbe. Ora il fatto andò pur cosi: che come vacava qualche prebenda e che Biagino la chiedeva, diceva sempre il duca che era data via. Su queste berte adiratosi il capitano, disse fra sé: — In fé di Dio che io ne farò una che si terrà al badile. — Avvenne in quei di che essendo in monte di Brianza, ne la terra di Merate, vide un prete decrepito, il quale aveva in quei luoghi un buon beneficio. Onde il capitano, senza pensarvi troppo su, l’ammazzò e se ne venne di lungo a trovar il duca, che era a Cusago, luogo vicino a Milano tre o quattro picciole miglia; e subito giunto, domandò il beneficio. Il duca, secondo la costuma, gli rispose che era buona pezza che l’aveva dato via. Alora il capitano con alta voce disse: — Corpo di Cristo! cotesto non è possibile, perché non sono tre ore che io l’ho ammazzato, e qui me ne sono venuto su cavalli da posta sempre correndo. — Restò il duca a questa voce tutto stordito; e Biagino, subito montato a cavallo, se n’andò a la volta d’Adda e passò su quello de’ veneziani, ove avendo ottenuta la pace dai parenti del morto, ebbe anco la grazia del duca e dapoi un beneficio per il suo parente. E tutto questo causò per la troppa familiarità che aveva il buon capitano col suo signore.