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PARTK SECONDA dicevano, dico, costoro che in questi avvenimenti pare che la fortuna e il caso abbiano alcuna giurisdizione. E questi tali a cui avvengono queste cose, chiamiamo noi « fortunati » e « aventurosi », con ciò sia che trovar danari od esser assunto a dignità ecclesiastica non si può attribuire a necessità né a consuetudine, ma si bene a fortuna o a caso, che sono cagioni « per accidente » in quegli effetti, che non semplicemente né il più de le volte sogliono avvenire. Ci è ben poi differenza tra il caso e la fortuna, perciò che il caso a più effetti assai distende le sue ali che non fa la fortuna, onde ragionevolmente si può dire che tutto quello che da la fortuna proviene, altresì dal caso provenga; ma non già diremo che la fortuna in cose pur assai che a caso provengono abbia parte alcuna. Ma perché di questi casuali avvenimenti e fortunevoli ed altri simili effetti, nei ragionamenti che si fecero a Milano in nove giornate a la presenza de la sempre onorata ed acerba memoria de la illustrissima eroina la signora Ippolita Sforza e Bentivoglia, assai a lungo ne scrissi, per ora mi rimarrò di farne più lungo parlare. Ragionandosi adunque, come v' ho detto, di cotali avvenimenti e andando il tenzionare più in lungo che ad alcuni non parve che si convenisse, il nostro piacevole messer Filippo Baldo si pose in mezzo e con quella sua affabilità pose a ciò che si ten- zionava silenzio, e ci narrò una festevol novella ne la vostra e sua patria Milano avvenuta. Ed avendola io scritta, a voi la mando e ve la dono, a ciò resti appo voi per testimonio de la nostra scambievole benevoglienza. NOVELLA XLVI1I PiacevoI beffa d’un religioso conventuale giacendosi nel monastero con una meretrice. Voi séte, signori miei, entrati in un cupo e ondoso mare a ragionar de la materia che ragionavate, appartenente in tutto ai filosofi e ai teologi, per quello che altre volte io n’ho sentito disputare. Noi siamo su l’ultimo del carnevale e il tempo vorrebbe esser dispensato in giuochi festevoli e parlari piacevoli,

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