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IL BANDELLO

a la vertuosa signora

la signora

ginevra bentivoglia

e marchesa Pallavicina

salute


Da che io partii dal vostro ameno e fruttifero castello di Bargone in Parmegiana e me ne ritornai a Milano, ad altro mai non ho atteso che ad ¡spedire quanto voi degnaste di comandarmi. Ed emmi la fortuna stata si favorevole, che il tutto è successo si compitamente che voi meglio non sapereste desiderare. Non vorrei perciò che voi credeste che io volessi, come fece il corbo, vestirmi de le penne del pavone e difraudare gli altri de le lor fatiche. Io mi ci sono nel vero molto affaticato; ma se non era l’autoritá del gentilissimo signor Alessandro Benti- voglio, vostro zio e mio singolarissimo padrone, e se non v’intra- veniva il conseglio del mio splendidissimo e saggio Lucio Scipione Attellano, io dubito che ancora sarei a cominciare. Ma sia Iodato Iddio, che ogni cosa s'è ridotta a tranquillo fine e al tutto imposto perpetuo silenzio. E perché ne le lettere vostre ultimamente ricevute, dopo l’avermi essortato a dar fine al sovradetto negozio, mi ricercate che io vi mandi per ogni modo qualcuna de le mie rime, io vi dico che non saprei che cosa mandarvi che voi non abbiate vista e letta, perciò che, dapoi che vi lasciai, le mie muse sono state meco in tanta còlerá che io non ho mai né saputo né potuto comporre un verso. E nondimeno non ho perciò del tutto perduto il tempo, ché ho scritto alcune novelle di vari accidenti che a la giornata occorrono. Onde avendone scritta una nuovamente in Milano avvenuta, quella a voi ho voluto mandare, che è de le beffe che tutto il di le donne

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