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PARTE TERZA prendere che io al nome vostro l’ho intitolata. Vedranno costoro che cosi leggermente ne l’amorosa pania s’invischiano, quanto perigliose siano queste fiamme d’amore, quando regolatamente non sono governate. E certamente egli è pur un gran fatto cotesto: che tutto il di veggiamo mille scandali ne le cose amorose, che sono mal governate, accadere, e non ci sappiamo poi ne le nostre concupiscibili passioni regolare. Ma dove io dissi « non ci sappiamo », deve va io dire « non ci vogliamo », perciò che se volessimo, non sarebbe chi ne sforzasse già mai. Desideriamo adunque che il nostro signor Iddio per sua benignità ci doni la mente sana in corpo sano. Né più di questo; ma ascoltiamo ciò che il nostro Figino ci vuol dire di questa sua novella. Feliciti nostro signor Iddio tutti i vostri pensieri. NOVELLA XXXVII Teodoro Zizimo sprezzato da la sua innamorata s’ammazza in Ragusi. Poi che, signora mia eccellentissima, v’è piaciuto comandarmi che io con qualche nuova de le cose di Ragusi insieme con questa bellissima compagnia v’ intertenga, ancora che io non sia in narrar novelle essercitato, tuttavia, volendo ai vostri comandamenti quanto per me si può ubidire, dirò brevemente uno strano e pietoso accidente quest’anno ne la città di Ragusi avvenuto. E perché la cosa fu per tutta la contrada publica e notissima, io porrò pure i veri nomi de le persone a cui il caso avvenne. Dicovi adunque che in Ragusi erano dui mercadanti greci, che di continuo se ne stavano insieme e mostravano amarsi molto cordialmente, e le loro faccende e ragioni de la mercadanzia facevano di brigata. Il più attempato, che perciò non passava trentasei anni, si chiamava Demetrio Lissi, e l’altro, che non arrivava al tregesimo anno, si domandava Teodoro Zizimo. Aveva Demetrio una bellissima giovane per moglie, chiamata Cassandra, la quale essendo stimata la più bella donna di tutto il paese, era anco tenuta onestissima; e con tutto questo ella era domestichissima e piacevole, e quella che meglio sapeva