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IL BANDELLO

al molto illustre e riverendo signore

il signor

ettor fregoso

salute


Abbiamo fatto questo carnevai passato in Bassens di quella maniera che a la gravitá e gentilezza di madama vostra amorevole ed onorata madre fu convenevole, figliando quegli onesti piaceri e leciti trastulli che la stagione e il luogo ci concedevano. Erano con noi alcuni gentiluomini italiani, la cui conversazione ne dava lieto e gioioso diporto, non ci mancando parlari piacevoli e faceti giá mai, di modo che furono narrate di molte bellissime novelle, che secondo che si narravano furono da me scritte. Tra l’altre una ne narrò messer Filippo Baldo, che di novelle ed istorie è piú copioso che non è una florida e temperata primavera di vari fiori e di nuove erbette, e ci disse un atto d’un lione che a tutti parve cosa mirabile, e massimamente ad alcune dame e damigelle de la contrada che con noi si trovarono di brigata. E questionandosi onde potesse provenire che un lione si lasciasse levar fuor degli artigli suoi un cagnolino da una giovanetta, molte cose de la natura dei lioni furono raccontate, che tutte nel vero sono notabili e meravigliose. Parve gran cosa che il lione, che è re degli animali quadrupedi, cosi fieramente tema il canto del gallo e da si disarmato e picciolo augello via se ne fugga, come fa il semplice agnello dal fiero lupo. E tanto piú fuggirá e si colmerá di terrore né potrá sostener l’aspetto di quello, s’avviene, come scrive Alberto Magno, che il gallo sia bianco. Non può anco sofferir lo strepito che fanno i carri rivolgendo le rote. Aborrisce grandemente il M. Bandf.llo, Novelle.

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