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IL BANDELLO

al molto magnifico signore

il signor

giovanni tollentino

conte


Non sono ancora molti giorni che, essendo in Milano il gentile e magnifico messer Lodovico Alamanni, ambasciatore di papa Lione decimo appo il luogotenente del re cristianissimo, che seco nel convento de le Grazie, ove egli albergava, si ritrovarono a desinare alcuni gentiluomini. E ragionandosi dopo desinare di varie cose, si venne a dire di quanto ornamento siano i bei motti e le pronte e argute risposte a tempo date, e quante volte sia avvenuto che un arguto detto averá levato di gran pericolo il suo dicitore. Era in quei ragionamenti il venerabile religioso de l’ordine predicatore fra Girolamo Tizzone, persona molto dotta e figliuolo del conte Lodovico Tizzone di Deciana, mecenate dei letterati, che voi per lunga pratica conoscete. Egli a questo proposito narrò alquante belle novellette che pur assai a la brigata piacquero, le quali avendo io scritte, perciò che sono brevi, tutte ho in una novella poste. E sapendo che voi meravigliosamente di cotesti motti vi dilettate, non ho voluto che sotto altro nome escano, quelli che io ora ho scritto, che sotto il vostro. So bene che ai meriti vostri si converrebbe maggior dono, se io volessi pagargli. Ma veggendo che voi di giorno in giorno gli accrescete e vi piace che dei beni vostri io ne sia come voi padrone, che altro posso io darvi che carta ed inchiostro, frutti del mio debole ingegno? State sano.

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