< Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1911, IV.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

NOVELLA XLIII

3«5 di castigargli ai suoi prelati, vi dico che ne la nostra città di Como non è troppo tempo, devendosi sepellire uno dei nobilissimi gentiluomini de la città, il conte Eleutero Ruscone, tutti i preti e frati di Como furono invitati a cosi solenni essequie. Venuta l’ora di levar il corpo del conte Eleutero, si ritrovò che dui parrocchiani, preti molto stimati, che erano rettori di due parrocchie, ci mancavano. E perché erano uomini secondo l’ope- nione del volgo santissimi, fu mandato a le case e chiese loro e mai non se ne seppe indizio trovare. Il che fu cagione di molte mormorazioni, dubitandosi che non fossero stati da qualche ribaldi morti. Ora, poi che gran pezza furono ricercati e veggendosi che non comparivano, cominciarono a far l’essequie con gran pompa e solennità, le quali essendo finite e devendosi per nome del signor governatore publicare certi editti, il popolo che aveva accompagnato i funerali si ragunò su la piazza de la città, e in quella i sr.nti parrocchiani comparsero. Ma udite di che maniera. Abitava nel mezzo de le due chiese dei dui detti parrocchiani un tintore che si chiamava mastro Abondio da Por- le/.za, uomo molto piacevole, il quale aveva per moglie una Agnese da Lugano, donna appariscente e giovane e molto onesta, il cui costume era d’andar ogni di a messa a la parrocchia di don Anseimo, che era uno dei dui parrocchiani. Il quale, vedutala ogni di a messa e parendogli bella, di lei cosi s’accese che, seco domesticandosi, a la prima le domandò il più bello de la casa. Ella, senza fine de la disonesta domanda scandalizzata e dicendo al prete che andasse a dir l’ufficio, cominciò andare a messa a la chiesa de l’altro prete, che don Battista si chiamava; il quale, come la vide, disegnò imparentarsi seco, come don Anseimo anco aveva disegnato. Onde, pigliata un poco di conoscenza seco, egli, per non perder tempo, le domandò l’elemosina di santa Nefissa. Parendo a la buona donna esser caduta de la padella su le bragie, prese per ispediente andar a messa ad uno spedale, ancor che non fosse cosi comodo e vicino a casa. Il marito, accortosi di tal mutazione, le domandò perché faceva cotesto. Ella per non dar sospetto al marito gli narrò puntalmente il successo del tutto; il quale a la moglie, M. Bandkllo, Novelle. 386 PARTE TERZA

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.