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PARTE SECONDA religiose non istia se non benissimo, e spezialmente a quelli che s’allevano e nodriscono per divenir prelati ed aver il governo di molti. Nel numero di questi séte voi, che di qui a poco tempo, col mezzo de la diligenza di madama vostra madre e col favore de le vostre ver tu, attendendo come fate a le buone lettere, sapete non vi poter mancar questo onorato vescovato di Agen che per voi si governa. Curate adunque di far un buon abito in tutte le vertù morali, e massimamente in questa tanto lodata clemenza; a ciò poi non si possa da voi rimovere cosi di leggero. Portate anco ferma openione esser minor male assai, quando s’abbia a venir a l’operazioni ed atti de la giustizia e de la clemenza; esser, dico, minor male a peccar in troppa mansuetudine, pietà e clemenza, che esser troppo osservatore rigido de la giustizia, che assai spesso ci fa cadere in crudeltà; vizio che in tutto dispiace agli uomini e al nostro Salvatore, il quale non solamente è alieno da la crudeltà, ma ha per propria natura d’esser misericordioso e perdonare a quelli che peccano, come tutto il di per isperienza si conosce, pur che di core siano pentiti. E guai a noi se in Dio, ancora che sia giustizia, non superabondasse la misericordia! Il che a tutti deve esser in documento, e spezialmente a quelli che hanno il carico di governare. È adunque lodevolissima cosa a chi casca in alcun errore ed umilmente domanda perdono l’essere clemente; onde io mi do a credere che que’ dui versi, che in Campidoglio furono in marmo intagliati, ad altro fine non ci fossero posti che per ammonire i magistrati che usassero clemenzia. Erano latini, la cui sentenza in lingua nostra materna è tale: — Tu, che irato sei, rammenta che l’ira del nobil lione, a chi gli è dinanzi prostrato, si nega esser fera. — Ora veggiamo ciò che del lione ci fu narrato in una brevissima ma nel vero ammirabile istorietta. State sano e di me ricordevole.