< Pagina:Bandello - Novelle, Laterza 1911, IV.djvu
Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta.

IL BANDELLO

a l'illustre signor

gian francesco gonzaga

marchese e signor di Luzara

salute


Sogliono molto spesso questi uomini che si dilettano d’aver, ad ogni cosa che si dica, qualche bel motto a proposito, dire che chi con pazzi s’impaccia ha sempre novelle fresche. E certo di rado avviene che costoro, i quali presumono governar i pazzi, non si trovino ingannati. Onde a me pare che quel ceretano, che andava per la Italia vendendo il senno, avesse uno svegliato e galante cervello. Egli, come arrivava in una villa o cittá, se n’andava in piazza e montava sopra un banco e, cominciando a sonar la lira, congregava il popolo e poi vendeva loro polveri di vari effetti, oli, savonetti ed altre simili cosette. Poi quando aveva raccolti quei danari che poteva, ricominciando a sonar la lira, diceva loro che aveva la piú bella cosa del mondo da vendere, ma perciò che era di tanta valuta che danari non l’averiano potuta pagare, che voleva farne loro cortesemente un dono. Ed in questo, di seno cavatosi uno spago d’otto o nove braccia, diceva quanto piú altamente poteva: — Signori miei, eccovi il senno ch’io vi vendo, anzi pur che vi dono, ché di questo non voglio danari da nessuno. State lontani di continovo da ogni pazzo quanto è lungo questo spago, ed a modo nessuno non ve gli lasciate accostare, e vedrete il gran guadagno che voi farete, servando quanto io vi dico. Sappiate che con i pazzi poco si può guadagnare e perdere molto. — E questo era il senno che vendeva il ceretano. Se cosí avesse saputo fare quel solenne predicatore, del quale questi di in casa vostra parlò l’erudito

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.