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PARTE TERZA con loro in grazia. Scrivo poi talora de le novelle che sento narrare, o di cui dagli amici m’è il soggetto mandato. E perché so che vi piace legger de le mie composizioni, vi mando una breve novelletta, che qui in Verona nel suo palagio narrò il generoso ed umanissimo signor conte Alberto Sarrego in una piacevole compagnia. Essa novella ho dedicato al vostro dotto nome, a ciò che resti sempre appo chi la vedrà per testimonio de la nostra cambievole benevoglienza. State sano. NOVELLA LVI Un prele con una pronta risposta mitiga assai l’ira del suo vescovo che voleva imprigionarlo. Non è molto che essendo io andato a Milano a visitar il signor Lodovico Vesconte e Borromeo mio socero, che in casa sua mi fu nari aia una piacevolissima novella, per la quale manifestamente si comprende quanto a luogo e a tempo la prontezza d’un bel detto talora al suo dicitore giovi. Fu adunque, non è molto, vescovo di Como monsignor Gerardo Landriano, patrizio milanese, che fu anco cardinale, persona dotta e d’integrità di vita riguardevole molto e venerabile. Egli, visitando la sua diocesi, come regolarmente fa il nostro vescovo di Verona monsignor Matteo Giberti, riformò molti monasteri di monache e gli ridusse a l’osservanza de la religione. Ma ne trovò uno sovra il lago di Como, detto dai buoni scrittori il « lago Lario ». Esso monastero era da ogni banda aperto e le sue monache vivevano dissolutamente con mala fama. Fece il buon vescovo ogn'opera per riformare il detto monastero e ridurlo a qualche norma di religione. Erano cinque le monache e non più, le quali, perché erano avvezze a vivere licenziosamente, s’ostinarono di non voler cangiare il loro consueto modo di vivere. Il perché il vescovo diede loro per governatore un prete che passava quaranta anni, a cui tutta la contrada rendeva testimonio di dottrina e di santa vita. Comandò poi sotto pene gravissime che più non si ricevesse monaca alcuna. Il prete, presa la cura de le cinque monache, faceva ogni cosa per ridurle a vivere

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