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NOVELLA LVI

469 onestamente, essortandole a servar la regola loro. Ma egli vi s’affaticò indarno, perciò che assai più puotèro le cinque male femine che un solo prete. Onde andò si fattamente la bisogna, che elle pervertirono chi loro cercava convertire, perché, a dirla come fu, messer lo prete in meno di tre o quattro mesi tutte le ingravidò. Il vescovo, come intese tale sceleraggine, si fece condurre in Como esso prete, ed aspramente minacciandolo lo riprese e gli disse: — Sciagurato che tu sei, tu hai molto bene adoperato il talento che Iddio t’ha dato di predicare ed ammonir le persone a la tua cura commesse. A questo modo si fa? — E rivolto ai suoi disse: — Menate questo scelerato in prigione, e non se gli dia altro che pane ed acqua. — Era il prete prostrato in terra, ed alzando il capo, disse al vescovo: — Domine, quinque talenta tradidisti mi hi: ecce alia quinque superlucratus sum. — Che vuol dire: — Signore, tu m’hai dati cinque talenti: eccoti che altri cinque sovra quelli ne ho guadagnati. — Piacque tanto la pronta ed arguta risposta al vescovo, ancora che si pervertisse il detto evangelico, che egli, cangiata l’ira in riso, mitigò in parte l’aspra penitenza al prete. Nondimeno lo tenne alcuni mesi in prigione, di maniera che vi purgò la dolcezza che prima gustata aveva. Cosi adunque avendo il vescovo fatta menzion di talenti, non parve che si disconvenisse al già condannato prete col detto del sacro Vangelo aitarsi. Narrano alcuni altri la cosa esser accaduta ad un altro vescovo in altri luoghi. Il che può essere; ma avvenne anco al vescovo di Como

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