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PARTE TERZA fanciulla danno ad un vecchio per moglie; ma più di tutti me rita il vecchio le catene e i ceppi, e quasi che non dissi ancora la mannara e le croci, ché, veggendosi inabile ad essercitar il matrimonio, prende a contentar una giovane che straccherebbe dieci valorosi giovini. E nondimeno pare che quanto più alcuni sono riputati saggi ed arche di prudenza, tanto più incappino in questo labirinto, come con una mia novelletta che intendo di narrarvi potrete di leggero conoscere. Vi dico adunque che in una città d’Italia, ove ordinariamente fiorisce lo studio de le buone lettere cosi d’umanità come di filosofia e de le divine ed umane leggi, città assai copiosa di belle e piacevoli donne, che di rado sogliono pascersi di lagrime né di sospiri degli amanti, fu, non ha molti anni, uc dottor di leggi canoniche e cesaree molto famoso. Questi, essendo stato adoperato in molte legazioni e di continovo riuscito con onore ed utile, ebbe ne la patria sua una lettura publica di ragion civile con onesto salario. E perché in effetto egli era dotto e con buona grazia leggeva e molto umanamente accoglieva gli scolari, la sua scola era più de l’altre frequentata, di modo che aveva sempre grandissimo numero d’auditori. Ora passando già messer lo dottore cinquanta anni ed essendo ricco, temendo forse non a la sua ampia eredità mancassero eredi, entrò nel pecoreccio di prender moglie, e non pensate che ne volesse una di trentacinque in quaranta anni. Egli tanto praticò che ebbe una fanciulla di dicesette anni, compressa, di pel rosso e di viso assai bella, ma tanto leggiadra e viva e si baldanzosa, che non trovava luogo che la tenesse. Il che molto piaceva al dottore e si teneva per ben maritato, parendogli aver moglie che allegro lo terrebbe. Di vestimenti, d’anella, di carretta e donzelle la teneva molto ben in ordine, e davale tutta quella libertà che ella voleva pigliarsi. Ma la povera giovane era sempre raffreddata, perché la notte messer lo dottore la teneva molto mal coperta, ed anco di rado le faceva in letto compagnia. Era tra gli auditori suoi uno scolar lombardo, giovine nobile, il quale desiderava di riuscir eccellente negli studi de le leggi, e diligentemente a quegli giorno e notte, non perdendo tempo, attendeva, di modo che in tutto