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NOVELLA LVII
481 donzella seco, fosse ben accompagnata; ma ella non la intendeva cosi. Erano passati più di duo mesi che egli non era giaciuto con la moglie, quando una notte gli venne voglia d'andar a trovarla, e levatosi da mezza notte usci di camera. Soleva l’uscio de la sua camera ne l’aprirsi far gran romore. Era in quell’ora la donna con lo scolare e seco giocava in letto a le braccia, e sentendo aprir l’uscio del marito, chiamò la Niccolosa — ché cosi aveva nome la donzella — e le disse: — Tosto leva su, ché io sento messere. — Ed ecco in questo, che il dottore due e tre volte si spurgò, per sputar il catarro. La donna, detto a lo scolare ciò che deveva fare se messere in camera venisse, lo fece vestire. In questo il dottore picchiò a l’uscio, e non gli essendo risposto, perché le donne facevano vista di dormire, picchiò più forte. La donna alora disse, mostrando destar la donzella: — Niccolosa, Niccolosa, non senti tu? su, ché l’uscio nostro è tócco. — Ella facendo vista di sonnacchiosa, le rispondeva con parole mozze, borbottando. Il dottore sentendo ciò che dicevano, disse loro: — Aprite, aprite ! non mi conoscete voi? — Era già lo scolare vestito e postosi dietro a l’uscio. Alora la Niccolosa aperse al messere, il quale se ne andò di lungo al letto, e in quello, non essendo lume in camera, lo scolare destramente, senza esser dal dottore né visto né sentito, usci di camera e per la via che era entrato in casa se ne parti fuori. Messer lo dottore si corcò a lato a la moglie, che poca voglia di lui aveva. Né per questo rimase la donna che ogni volta che voleva non facesse venire lo scolare e con lui non si desse buon tempo; di modo che, venuto il tempo che a lo scolare pareva di farsi dottore, prolungò ancora il tempo dui anni, sempre godendo la sua donna. M. Bandello, Novelle.