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NOVELLA LI

47 Erano in Roma alcuni nostri gentiluomini mantovani molto ver- tuosi e gentili, tra i quali v'erano messer Roberto Strozzi, messer Lelio e messer Ippolito Capilupi fratelli. Messer Roberto è in Roma per suo piacere e messer Ippolito v’è tenuto per gli affari del nostro illustrissimo e reverendissimo cardinale di Mantova. Stanno tutti in una casa, ma ciascuno appartatamente vive del suo. È ben vero che il più de le volte mangiano di compagnia, portando ciascuno la parte sua, e cosi menano una vita allegra e gioiosa. Con loro si trovano assai spesso alcuni altri, perché sono buon compagni, e nel loro albergo di continovo si suona e canta e si ragiona de le lettere cosi latine come volgari e d’altre cose vertuose, di modo che mai non si lasciano rincrescere. Praticava con questi signori molto domesticamente e spesso anco ci mangiava un Rocco Biancalana, il quale aveva nome d’agente d'un illustrissimo e reverendissimo cardinale, il quale, per essere stato lungo tempo in Roma ed esser piacevole e non meno mordace d’Isabella, ogni di era a romore di parole con lei. D’essa Isabella, la quale anco spesso si trovava con i suddetti signori, era messer Roberto un poco, come si dice, guasto e volentieri la vedeva. Ma tra Rocco e lei era una perpetua gara, e contendevano tra loro chi fosse tra lor dui più maledico, più calcagno e più presuntuoso, di maniera che sempre erano a le mani. Del che quei signori, veggendo la prontezza del dire di tutti dui e le scommunicate ingiurie che si dicevano, ne pigliavano meraviglioso piacere e spesso, per più accendergli a dirsi villania, gli aizzavano come si fanno i cani. E insomma tra la Luna e la Lana era crudel nemistà, non potendo Rocco sopportare che una si publica e sfacciata meretrice, che aveva avute più ferite ne la vita che non sono fiori a primavera, praticasse con quei gentilissimi spiriti, ed assai sovente ne garrì messer Roberto. Ora l'illustrissimo e reverendissimo cardinale che in Roma teneva Rocco, avendo forse da trattar negozi di grandissimo momento, mandò a Roma messer Antonio Romeo, uomo di grandissimo maneggio e atto a trattar ogni diffidi ed intricato affare, quantunque intralacciato fosse. Ed in effetto era il Romeo un compito uomo, se non avesse avuto una taccherella

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