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PARTE SECONDA città, deliberato di non partirsi da quell’assedio se prima non se ne impadroniva e pigliava Maomet prigionero. Si facevano assai sovente de le scaramucce, e per l’ordinario quelli di dentro avevano il peggio. Il che veggendo Maomet e meglio considerando i casi suoi, s'avvide d’aver commesso un grandissimo errore a voler mover guerra a Saich re di Fez, al quale in conto veruno non si poteva parangonare. E pensando e ripensando mille e mille modi per mezzo dei quali si potesse da la presente guerra disbrigarsi ed in buona amicizia restare col detto re, a la fine non gli parendo trovarne nessuno che profitto a’ casi suoi potesse recare, restava molto discontento. A la fine, dopo infiniti discorsi, gli cadde in animo un mezzo, sperando con quello aver ritrovata la via de la sua salute; e questo era che egli si mettesse in mano di Saich ed ¡sperimentasse la cortesia e misericordia di quello. Fatta cotale tra sé deliberazione, scrisse una lettera al re Saich di propria mano e, vestitosi in abito di messaggiero, andò egli medesimo come messo del signor di Dubdù, sapendo che il re non lo conosceva. E passando per l'oste del nemico, s'appresentò al padiglione reale e a la presenza del re fu introdutto. Quivi, fatta la debita riverenza al re, gli appresentò la sua lettera, la quale era credenziale. Il re, presa la lettera, quella ad un suo segretario porse, commettendogli che la leggesse. Letta che quella fu a la presenza di quelli che presenti erano, il re rivolto a Maomet, pensando che fosse messaggiero, gli disse: — Dimmi, che ti pare del tuo signore, che tanto s'è insuperbito che ha preso ardire di volermi far guerra? — A questo rispose Maomet: — Invero, o re, che il mio signore m’è paruto un gran pazzo a cercar d’offenderti, devendo sempre tenerti per amico. Ma il diavolo ha potere d'ingannare cosi i grandi come i piccioli, ed ha levato il cervello al mio signore e sforzato a far questa si gran pazzia. — Per Dio — soggiunse il re, — se io lo posso aver ne le mani, come senza dubio l'averò, perché non mi può scappare, io gli darò si fatto castigo che a tutti sarà in essempio di non prender l’armi contra il vicino senza giustizia. Io ti prometto che a brano a brano gli farò spiccare le carni di dosso e lo terrò più vivo che potrò, per maggior suo tormento. — Oh ! — replicò Maomet, — se egli