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PARTE SECONDA visitata la roffiana, che stava molto male, e riconosciute le sue ferite. Il governatore, uomo scaltrito e desideroso di smorbare la città di ghiottoni, fece subito essaminare la ruffa e domandarle se aveva nemico nessuno e se sapeva d’aver offesa persona alcuna. Ella disse non avere deservito nessuno che sapesse né datogli nocumento, e che anco non conosceva chi mal gli volesse, se forse non fosse la tal cortegiana, che quei di l’aveva fieramente minacciata per un messo che le aveva portalo. Avuto questo indizio, il governatore fece spiare chi praticava con la cortegiana e trovò che ella stava a posta di Vittore da la Vigna, il quale per qualche altro suo misfatto era in norma appresso a la giustizia. Il perché gli fece dar de le mani a dosso, ed anco pigliar la cortegiana, la quale subito confessò che Vittore le aveva detto che ad ogni modo voleva far uno sberleffo a la vecchia. E non si trovando che ella altro sapesse, dopo che col bargello e sbirri ebbe fatto conto e che li tenne quintana, ben adacquata fu lasciata andar a casa. Vittore, messo a la corda, al [»rimo tratto confessò il tutto e fu condannato a perderne il capo. I parenti suoi, sentendo che di bocca propria Vittore s'era accusato e confessato l'omicidio, e che a scamparlo tutti gli altri rimedi erano scarsi fuor che o sforzare il carcere o per inganno cavamelo fuori, considerarono che la forza non v’aveva luogo e che il più sicuro modo era usar l’inganno; onde ebbero via col mezzo di san Giovanni Boccadoro di corromper il sovrastante de la prigione, ne le cui mani erano le chiavi de la prigione. Ma per non si mettere essi a periglio di perder la vita e la roba, fecero che un loro fidatissimo uomo, avveduto ed audace, cambiatosi il nome e cognome, sapendo che il guardiano non lo conosceva, fu quello che pattuì e comperò con cento ducati la vita di Vittore; il quale, avuta una notte la commodità, via se ne fuggi e, con arte uscendo di Bologna, se n’andò a Ferrara. Non si trovando poi né uscio né finestra in parte alcuna essere stati sforzati o guasti, essendo le chiavature tutte intiere, lo scallrito governatore s’imaginò il fatto com’era e fece arrestar il guardiano. Il povero uomo, vacillando nel suo constituto, fu menato a la corda, ma senza farsi collare confessò come a requisizione

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