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più egli si sforzava consolarla ella più dirottamente piangeva. E veggendo pur che egli in parole multiplicava, gli disse: – Giovine, tu hai di me fatto ogni tua voglia e il tuo disonesto appetito saziato; io ti prego, di grazia, che omai tu mi liberi e mi lasci andare. Ti basti quanto hai fatto, che pur è stato troppo. – L’amante, dubitando che per dirotto pianto che Giulia faceva non fosse discoperto, poi che vide che indarno s’affaticava, deliberò di lasciarla e di partirsi col suo compagno; e così fece. Giulia, dopo l’aver amaramente buona pezza pianto la violata verginità, racconciatasi in capo i suoi disciolti pannicelli e a la meglio che puotè rasciugatosi gli occhi, se ne venne tosto a Gazuolo e a casa sua se n’andò. Quivi non era nè il padre nè la madre di lei; v’era solamente in quel punto una sua sorella d’età di dieci in undeci anni, che per esser alquanto inferma non era potuta andar fuori. Giunta che fu Giulia in casa, ella aperse un suo forsiero, ove teneva le sue cosette. Dapoi, dispogliatasi tutti quei vestimenti che indosso aveva, prese una camicia di bucato e se la mise. Poi si vestì il suo valescio di boccaccino bianco come neve ed una gorgiera di velo candido lavorato, con uno grembiale di vel bianco, che ella solamente soleva portar le feste. Così anco si messe un paio di calzette di saia bianca e di scarpette rosse. Conciossi poi la testa più vagamente che puotè, ed al collo si avvolse una filza d’ambre gialle. Insomma ella s’adornò con le più belle cosette che si ritrovò avere, come se fosse voluta ire a far la mostra su la più solenne festa di Gazuolo. Dapoi domandò la sorella e le donò tutte l’altre sue cose che aveva, e quella presa per mano e serrato l’uscio de la casa, andò in casa d’una lor vicina, donna molto attempata, che era gravemente nel letto inferma. A questa buona donna lagrimando tuttavia, narrò Giulia tutto il successo de la sua disgrazia e sì le disse: – Non voglia Iddio che io stia in vita, poi che perduto ho l’onore che di stare in vita m’era cagione. Già mai non avverrà che persona mi mostri a dito o sugli occhi mi dica: – Ecco gentil fanciulla ch’è diventata puttana e la sua famiglia ha svergognato, che se avesse intelletto si deveria nascondere. – Non vo’ che a nessuno dei miei mai rinfacciato sia, che io volontariamente abbia al cameriero compiaciuto. Il fine mio farà a tutto il mondo manifesto e darà certissima fede che, se il corpo mi fu per forza violato, che sempre l’animo mi restò libero. Queste poche parole v’ho voluto dire a ciò che ai dui miei miseri parenti possiate il tutto riferire, assicurandoli che in me mai non fu consentimento di compiacere al

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