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venire a la novella che io intendo di dirvi e che l’anno passato di quaresima avvenne, vi dico che era qui in Milano un gentiluomo d’una città non molto di qui lontana, il quale, per certe liti che aveva di confini d’un suo castello, aveva condotto una agiata casa, ove egli con onorata famiglia dimorava. Questo essendo giovine e ricco, quando aveva due e tre volte la settimana, e più e meno secondo le occorrenze, parlato con i suoi procuratori ed avvocati, lasciava la cura ad un suo cancegliero, che era molto pratico ed essercitato nel piatire, ed egli attendeva tutto il dì a darsi buon tempo, e ora dietro a la carretta di questa donna ora dietro a quell’altra a passare il giorno. Ora facendo il conte Antonio Crivello, come è di suo costume, recitar una commedia, fece un suntuoso convito a molti gentiluomini e gentildonne, tra i quali fu il giovine che litigava, il quale da qui innanzi chiameremo Lattanzio, non volendo io per ora valermi del suo proprio nome, come anco mi par dever far del nome de la donna de la quale mi converrà parlare, che Caterina sarà nomata. Essendo adunque Lattanzio a cena assettato, s’abbattè a caso a seder a canto a Caterina, la quale più non gli pareva aver veduta, e, se pur veduta l’aveva, non gli era altrimente entrata in fantasia. Sogliono i conviti partorire gran domestichezza tra quelli che vicini l’uno a l’altro mangiando si trovano. Il che tra Lattanzio e la donna avvenne, perciò che egli si mise di varie cose seco a ragionare, e a servirla tagliandole innanzi e simili servigi facendo che sogliono i gentiluomini a le tavole fare. Era Caterina molto avvenente e gentile e bella parlatrice, e, se non era de le più belle, poteva perciò con le più belle dimorare senza esser biasimata. Ragionando adunque insieme, e Lattanzio assai fiso rimirandola, cominciò a poco a poco, piacendogli la pratica e la leggiadria de la donna, non se ne accorgendo, a bere per gli occhi l’amoroso veleno, di tal maniera che, prima che si levassero le tavole, egli s’avvide molto bene che il colpo d’amore aveva troppo innanzi ricevuto. Onde, dato fine al mangiare e cominciatosi a danzare, Lattanzio invitò la donna a ballare, la quale cortesemente accettò l’invito. E così presala per mano e lentamente danzando, cominciò ad entrar con lei in ragionamenti di cose amorose. E non si mostrando ella punto schifevole di simil ragionamenti, Lattanzio spinse la pedina un poco più avanti, e molto affettuosamente le scoperse quanto ella gli fosse piacciuta, lodando le sue belle maniere, gli atti, i costumi, la leggiadria e la beltà. Dicendole poi come per quella fuocosamente ardeva, con accomodate preghiere la supplicò che si degnasse tenerlo

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