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che per assai minore di molti uomini si sono morti, non avendo riguardo a la maiestà del luogo ove erano, cominciò a dir a la sua donna estrema villania, e quasi fu per correrle con le dita ne gli occhi e, se potuto avesse, le averebbe fatto un mal giuoco. Sentendosi madonna Isotta dal marito a la presenza di tanti signori così vituperosamente sgridare, fatto buon animo, e dal prencipe, che già data l’aveva, presa licenza di parlare, con viso allegro e salda voce così a ragionar cominciò: – Serenissimo prencipe e voi magnifici signori, poi che il mio caro marito così disonestamente di me si duole, penso io che messer Girolamo Bembo sia del medesimo animo verso la sua consorte. Onde se non gli fosse risposto, parria ch’eglino dicessero il vero e che noi di qualche gran sceleratezza fossimo colpevoli. Il perchè con buona grazia vostra, signori eccellentissimi, a nome di madonna Luzia e mio, quanto per ora mi occorre in diffensione nostra e de l’onor nostro dirò, convenendomi cangiar proposito di quanto aveva deliberato di dire; chè se egli tacciuto si fosse e non così tosto da la còlera vinto corso a le ingiurie, io d’altro modo a salvezza di lor dui ed in escusazion nostra averei parlato. Nondimeno per quanto s’estenderanno le deboli forze mie, io proverò di far l’uno e l’altro. Dico adunque che i mariti nostri contra il devere ed ogni ragione di noi si dolgono, come adesso adesso farò lor toccar con mano. Io porto ferma openione che il rammarico e l’acerbo lor cordoglio per due cagioni e non da altro fonte debbia nascere, cioè da l’omicidio che essi falsamente hanno confessato d’aver fatto, o vero per la gelosia che acerbamente i cori gli rode che noi siamo femine impudiche, essendo l’uno in camera de l’altro, quasi nel letto suo preso. Ma se si avessero ne l’altrui sangue imbrattate le mani, e questo li devesse affligere e tormentare, a noi, per Dio, che ne deve calere, quando senza conseglio, senza aita e senza saputa nostra sì orrenda sceleraggine fosse da lor commessa? Veramente non so veder io che di questo eccesso biasimo alcuno ne debbiamo noi altre ricevere, e meno che eglino possano di noi querelarsi, perciò che egli si sa che chi fa il male o chi dà cagione di farlo, condecevol cosa è che la debita pena e severo gastigamento, come comandano le sante leggi, patisca, e dia essempio altrui di astenersi da le triste operazioni. Ma di questo a che più contrastarne, ove i cechi vederebbero il diritto esser nostro, e tanto più che qui, la Dio mercè, messer Aloise vivo si vede, che tutto il contrario afferma di quello che questi nostri poco a noi amorevoli mariti hanno

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