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ed immobile come una statua, non sapendo che si dire. Il giovine saltò giù dal letto, e lei più morta che viva ne le braccia si recò e mise sovra il letto, tuttavia festeggiandola e dicendole di molte dolci parole. In questo la fante, che forse aveva voglia di dormire, perchè soleva sempre ne la camera de la donna, quando era con l’amante, corcarsi, avendo anco ella la chiave del camerino, quello aperse, ed entrata dentro, veggendo che ancora non erano spogliati e nulla de l’inganno sapendo: – Olà, – disse, – che fate voi, che non vi spogliate e mettete in letto? Egli è ben oramai tempo di porsi a riposare. Ecco che io vi aiuterò a dispogliarvi. – In questo la donna ricuperata alquanto la lena amaramente piangendo: – Oimè, sorella, – disse, – che io son tradita. Mira in mano di cui sono giaciuta. Oimè dolente e misera me, che mai più non sarò in questa vita lieta! Io non sarò mai più donna, nè ardirò andar in publico già mai. – La fante udendo questo lamento, e non sapendo a che fine la sua madonna usasse cotali parole, fattasi lor vicina, come conobbe il giovine, quasi che volle gridare. Ma ricordandosi che dal parente del messere poteva esser sentita, si ritenne ed insieme con la madonna cominciò dirottamente a lagrimare e lamentarsi. Il giovine, che sempre la lagrimante e dolente donna tenuta aveva ne le braccia, nè per sforzo e dimenare che si facesse mai l’aveva voluta lasciare in libertà, la confortava e lei renitente basciava e con mille vezzi accarezzava dicendole: – Anima mia dolce e cor del corpo mio, non vi turbate, e non prendete a sdegno che quello che io con la mia lunga e fedelissima servitù mai non ho potuto acquistare e da voi, vita mia, ottenere, mi sia ingegnato con astuzia e sollecitudine conseguire. Non dite, cara la mia padrona, che da me siate stata tradita, ma incolpate Amore, che di voi così fieramente m’ha acceso, che mai giorno e notte non mi ha lasciato riposare. Egli è stato quello che la strada di venir in questo luogo m’ha insegnato. Egli qui mi ha condotto, e solo esso m’è stato guida e duce. Sapete bene, che più di cinque anni sono che io de le vostre rare bellezze e dei bei modi e de la vostra leggiadria m’innamorai, ed una gran parte de la mia giovanezza in seguitarvi giorno e notte spesi, senza mai pur avere meritato una buona vista da voi. E ben che io dura, crudele e ritrosa ai miei disiri sempre vi trovassi, per questo non mi smossi dal mio fermo proponimento già mai, anzi pareva che sempre il mio amore fosse cresciuto e fatto assai maggiore. Il perchè giorno e notte ad altro non attendeva, in altro mai non dispensava i miei pensieri, che in ricercar il mezzo e ’l modo che io potessi la

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