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capo si sforzano, perciò che e i mariti mertano biasimo grandissimo rompendo la fede maritale, e le donne sono di grave castigo degne macchiando i consorti di macchia tanto al mondo abominevole e vituperosa. Mi ritrovai sotto Giulio secondo, pontefice massimo, a Roma in castel Sant’Angelo, essendo ito per alcune faccende a parlar al molto letterato e vertuosissimo messer Sigismondo da Foligno, segretario di esso Giulio, il quale era con messer Gian Battista Almadiano, uomo dotto e segretario di monsignor Olivero Caraffa, cardinale di Napoli, ed altri gentiluomini, tra i quali era il mio gentilissimo signor Angelo dal Bufalo, e ragionavano d’un marito che quel giorno aveva ammazzata la moglie per averla ritrovata con un cortegiano. E dicendo il signor Angelo che cotestui era stato più avveduto d’un altro romano, fu da quei signori pregato a narrar come era stato il caso. Egli si scusava con dire che il caso era un poco disonesto. Ma l’Almadiano disse che non era male a narrare, a leggere od udire le cose secondo che erano seguite, ma che il male era a farle. Onde egli la novella narrò. E perchè accade a nomare la felice memoria del signor vostro padre, mi son mosso essa novella a donarvi, ed anco perchè ella abbia padrone come l’altre. Ella altresì, in questi vostri publici maneggi che di tutta Europa ne le mani avete, talora vi ricorderà il vostro Bandello, che tanto già amavate. Ma che dico amavate? Io son certissimo che l’amor vostro verso me è quello istesso che era in Milano, sì per il parentado che è tra l’illustrissima casa vostra e la mia, per madonna Adornina figliuola del signor Prospero Adorno e moglie del magnifico dottore e cavaliere messer Giovanni Antonio Bandello mio zio, come anco perchè sapete quanto io v’amo, riverisco ed onoro. State sano.


NOVELLA XIX
Faustina e Cornelia, romane, diventano meretrici, e con astuzia hanno la grazia dei mariti.


Poscia che il signor Gian Battista Almadiano m’assicura, signori miei, e mi leva la tema ch’io aveva d’esser biasimato, io vi narrerò quanto più brevemente mi sarà lecito come due donne romane trattassero assai vituperosamente i mariti loro, e come essendo state in chiazzo publiche meretrici fossero poi per buone e pudiche dai mariti accettate. E di questa istoria

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