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riverenza. Dinanzi a la quale essendo intromesso, fu da lei con allegro e piacevol viso ricevuto. Entrando dapoi in diversi ragionamenti e mostrandosi la donna molto festevole e, come si dice, buona compagna, entrò il signor Uladislao in openione che in breve verrebbe de la sua impresa a capo. Tuttavia, per questa prima volta, egli non volle a nessuna particolarità del suo proponimento discendere, ma le parole furono in generale, che udita la fama de la sua beltà, de la leggiadria, de la piacevolezza e bei costumi, che, essendogli bisognato venir in Boemia per suoi affari, non s’era voluto partire senza vederla, e ch’in lei aveva trovato molto più di quello che la fama apportava. E così passata quella prima visitazione, se ne ritornò al suo albergo. La donna, partito che fu di castello il baron ongaro, seco prepose che ’l signor Uladislao non era da tener troppo a bada, molto ne l’animo suo essendo contra i dui ongari adirata, parendole che troppo presuntuosamente si fossero gettati a la strada, come publici assassini, per rubarle e macchiarle il suo onore e metterla in continova disgrazia del marito, anzi al rischio de la morte. Fatta adunque conciar un’altra camera, che era a muro di quella ove il compagno filava, come il signor Uladislao fu tornato, cominciò fargli buona cera e dargli ad intendere che per lui ardesse. Nè guari stette, ch’egli si trovò in prigione, al quale la solita damigella, per un buco che ne l’uscio era, fece intendere, se viver voleva, che gli conveniva imparar a dipanare, e che guardasse in un canto de la camera e vi troveria alcune accie di filo ed un arcolaio. – Attendete, – diceva ella, – a dipanare, e non perdete tempo. – Chi avesse alora veduto in viso quel barone, averebbe una statua di marmo più tosto veduta che figura d’uomo, quasi ch’egli arrabbiò di stizza e fu per uscir di sentimento. Veggendo poi ch’altro compenso a la sua rovina non v’era, passato il primo dì, cominciò a dipanare. La donna dipoi fece liberare i famigli del signor Alberto, e insieme con quelli del signor Uladislao li fece menar a le camere dei lor padroni a ciò vedessero come il viver si guadagnavano. E fatto prender i cavalli e tutte le robe dei baroni, accomiatò i servidori che se n’andassero. Da l’altra parte mandò un suo uomo al marito avvisandolo di quanto fatto aveva. Il cavalier boemo, avuta così buona nuova, andò a far riverenza al re e a la reina, e in presenza loro narrò tutta l’istoria dei dui baroni ongari, secondo che per lettere de la moglie aveva inteso. Restarono pieni d’ammirazione il re e la reina, e sommamente commendarono l’avvedimento de la donna e l’ebbero per onestissima, saggia e molto scaltrita. Domandata

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