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amore in pace. Chè io deveva esser più avvisto da prima ed aprendo ben gli occhi spiare minutamente il tutto con diligenza. – Disse adunque a l’ultimo il giovine al signor Timbreo: – Voi, signor mio, questa notte a le tre ore anderete verso la casa di messer Lionato e in quelle rovine di edificii, che sono dirimpetto al giardino di esso messer Lionato, vi porrete in aguato. – Rispondeva a quella parte una facciata del palazzo di messer Lionato, ove era una sala antica a le cui finestre, che giorno e notte stavano aperte, soleva talora dimostrarsi Fenicia, perciò che meglio da quella banda si godeva la bellezza del giardino; ma messer Lionato con la famiglia abitava ne l’altra parte, ed il palazzo era antico e molto grande, e capace non de la gente d’un gentiluomo, ma d’una corte d’un prencipe. Ora, dato l’ordine detto, il fallace giovine si partì ed andò a ritrovar il perfido Girondo, a cui disse il tutto che aveva col signor Timbreo Cardona ordinato. Del che il signor Girondo fece meravigliosa festa parendogli che il suo dissegno gli riuscisse a pennello. Onde, venuta l’ora statuita, il disleal Girondo vestì onoratamente un suo servidore, di quanto aveva a far già instrutto, e quello di soavissimi odori profumò. Andò il profumato servidore di compagnia del giovine che al signor Timbreo aveva parlato, e loro appresso seguiva un altro con uno scalapertico in spalla. Ora qual fusse l’animo del signor Timbreo e quanti e quali fossero i pensieri che per la mente gli passarono tutto il dì, chi potrebbe a pieno narrare? io per me so che mi affaticherei indarno. Il troppo creduto e sfortunato signore, dal velo di gelosia accecato, quel giorno nulla o poco mangiò. E chiunque in viso il mirava giudicava che più morto che vivo fosse. Egli di mezza ora innanzi il termine posto s’andò appiattare in quel luogo rovinoso, di tal maniera che poteva benissimo vedere chiunque quindi passava, parendoli pur impossibile che Fenicia s’avesse dato altrui in preda. Diceva poi tra sè che le fanciulle sono mobili, leggere, instabili, sdegnose ed appetitose di cose nuove, ed ora dannandola ora scusandola, stava ad ogni movimento attento. Non era molto scura la notte, ma forte queta. Ed ecco che egli cominciò a sentir lo stropiccio dei piedi di quelli che venivano ed anco sentire qualche paroluccia, ma imperfetta. In questo vide i tre che passavano e ben conobbe il giovine che la matina l’aveva avvisato, ma gli altri dui non puotè egli raffigurare. Nel passare che i tre dinanzi gli fecero, sentì che il profumato, in forma d’amante vestito, disse a colui che portava la scala: – Vedi che tu ponga la scala così destramente a la finestra che tu non faccia romore,

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