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novella ii. 21

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IL BANDELLO

all’illustrissimo ed eccellentissimo signore

il signore

PROSPERO COLONNA

luogotenente generale cesareo in Italia

Non m’è uscito di mente, valoroso, splendidissimo signor mio, quanto vi degnaste comandarmi, quando eravate a diporto nell’amenissimo giardino del signor Lucio Scipione Attellano. Quivi intendeste che alcuni giorni avanti, ritrovandovisi la degnissima eroina la signora Ippolita Sforza e Bentivoglia, il generoso signor Silvio Savello narrò una bellissima novella, che sommamente a tutti gli ascoltanti piacque. Onde, dicendovi l’Attellano che io l’aveva scritta, m’imponeste che io ve la facessi vedere. E se fin ora ho tardato ad uscir di debito, scusimi appo voi il viaggio che il dì seguente, come sapete, mi convenne fare. Ora avendola trascritta, ve la mando e dono, non per ricambiar in parte alcuna tanto bene quanto a la giornata mi fate, chè bastante non sono a sodisfar delle mille ad una minima particella, ma per ubidire, come debbo, non solamente ai comandamenti vostri ma ad ogni minimo cenno, tanto è l’obligo ch’io mi sento avervi e che liberamente a tutto il mondo confesso. Ben mi duole non aver saputo imitar l’eloquenza del signor Silvio, che in effetto ne la sua narrazione mostrò grandissima; ma io son lombardo, ed egli romano. State sano.


NOVELLA II

Ariabarzane senescalco del re di Persia quello vuol vincer di cortesia, ove varii accidenti intervengono.

Questionato s’è più volte, amabilissima signora e voi cortesi signori, tra uomini dotti ed al servigio delle corti dedicati, se opera alcuna lodevole, o atto cortese e gentile che usi il cortegiano verso il suo signore, si deve chiamar liberalità e cortesia, o vero se più tosto dimanderassi obbligazione e debito. Nè di questa cosa senza ragion si contrasta, imperciocchè appo molti è assai chiaro che il servidore verso il suo padrone non può tanto mai ogni giorno fare, quanto egli deve di molto più. Che se per sorte non ha la grazia del suo re, e pur vorrà (come fa

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