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figliuole d’un suo cittadino ma quasi come sue, le dotò onoratissimamente, e ai dui sposi accrebbe la pensione che da lui avevano. La reina, non meno del re magnifica, generosa e liberale, volle che le due spose fossero donne de la sua corte e le ordinò su alcuni suoi dazii una ricca provigione per ogni anno, e sempre le tenne care. Elle, che nel vero erano gentilissime, di modo si diportarono che in breve ebbero la grazia di quanti erano in corte. Fu anco dato dal re a messer Lionato un ufficio in Messina molto onorevole, del quale egli traeva non picciolo profitto. E veggendosi egli già attempato, fece di modo che il re lo confermò ad un suo figliuolo. Così adunque avvenne al signor Timbreo del suo onestissimo amore, ed il male che il signor Girondo tentò di fare, in bene se gli convertì, e tutti dui dapoi lungamente le lor donne goderono vivendo in grandissima pace, spesse fiate tra loro rammentando con piacere gli infortunii a la bella Fenicia avvenuti. Esso signor Timbreo fu il primo che in Sicilia fondò la nobilissima schiatta dei signori de la casa di Cardona, dei quali oggidì e in Sicilia nel regno di Napoli molti uomini ci serio di non poca stima. In Spagna medesimamente fiorisce questo nobilissimo sangue di Cardona, producendo uomini che da li avoli loro punto non tralignano così ne l’arme come ne la toga. Ma che dirò io dei dui nobilissimi fratelli don Pietro e don Giovanni di Cardona, valorosi nel vero ed eccellenti signori e guerrieri? Veggio esser qui presenti alcuni di voi che conosciuto avete il signor don Pietro conte di Colisano e gran contestabile ed amirante di Sicilia, il quale tanto il signor Prospero Colonna, uomo incomparabile, onorava ed il saggio conseglio di quello apprezzava. E certamente che il conte di Colisano era uomo singolarissimo. Morì egli nel fatto d’arme che si fece a la Bicocca, con general dolore di tutta Lombardia. Ma don Giovanni suo fratello, marchese de la Palude, molto innanzi, sotto Ravenna ne la giornata che tra francesi e spagnoli si fece, valorosamente diportandosi fu ammazzato. Ora io, non m’avveggendo, era trascorso in luogo di novellare a far panegirici.

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