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con fedel servitù acquistarla. Tali furono i pensieri quella notte dei dui nuovi amatori. Fatto il giorno, vennero i servidori di don Diego per accompagnarlo a casa. Erasi già levata la gentildonna del castello, la quale, dato ordine che il desinare fosse onorevole e presto, non volle che il cavaliero partisse la matina. Ed egli di grado si lasciò sforzare come colui che sempre averebbe voluto veder Ginevra la bionda; la quale quella matina, levatasi di letto, per meglio compiacer al suo amante s’abbigliò molto riccamente, ma con tanta galanteria che pareva che ogni cosa intorno le ridesse. E ben miratasi e rimiratasi ne lo specchio e consigliandosi ancora con le sue donzelle a ciò cosa in lei non fosse che potesse esser ripresa, se n’uscì di camera e venne in un giardino ove la madre di lei col cavaliero ragionando passeggiava. Come egli la vide, riverentemente la salutò, e fiso mirandola, se il giorno innanzi gli era paruta sommamente bella, ora gli parve che quanta mai beltà si potesse in donna desiderare o che dagli scrittori sia stata scritta già mai fosse perfettamente in costei, di maniera che non poteva levarle gli occhi da dosso. Medesimamente a lei parve che il cavaliere fosse pure il più bello e leggiadro giovine che trovare si potesse. E così vagheggiandosi pascevano gli occhi di quella dolce vista. Udirono poi messa in una capella nel castello e dopo la messa andarono a desinare. Come si fu desinato e che gli uomini con i cavalli di don Diego furono ad ordine, egli, rese quelle grazie a la signora del castello che seppe e puotè le maggiori, le basciò le mani offerendosi per sempre ai servigi di lei prontissimo. Rivoltatosi poi a Ginevra la bionda, umilmente le basciò le mani e volendo non so che dirle, vinto da soverchio amore, mai non seppe formar parola e meno sapeva lasciarle la delicata mano. Il che fu a la giovane certo segno che sommamente il cavaliero l’amava. Del che ella se ne ritrovò contentissima e disse quasi con tremante voce: – Signor don Diego, io son tutto vostra. – Preso adunque a la meglio che puotè da tutti congedo, montò con i suoi a cavallo e a la madre se ne ritornò a la quale disse le grate accoglienze e il grand’onore che aveva ricevuto. Era tra queste due vedove antica amicizia, di modo che assai sovente si solevano visitare e mangiar l’una a casa de l’altra. Onde don Diego, intendendo questo da la madre, ordinò di far una festa e farvi invitar Ginevra la bionda con la madre, e così fu fatto. La festa fu bellissima e piacevole d’apparato di suoni e d’onorevoli e belle donne. E ballando alcune danze il cavaliero con Ginevra la bionda e a poco a poco seco venendo domestico, le cominciò con accomodate parole

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