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In quello Cornelio fece un fischio, al quale messer Ambrogio conobbe che questo era Cornelio e scese giù, ed aperta la porta disse: – Chi è là? – Cornelio senza risponder fece un certo segno, onde messer Ambrogio, certificato del vero, fece ritirare a dentro le torcie che seco erano venute ad allumare il camino, e lietamente il suo amico raccolse. E fatto subito aprir una camera terrena, in quella fece entrar Cornelio, nè volle che nessuno di casa sapesse chi si fosse, eccetto un suo fidato famiglio. Era del mese di febraio ed erano molti dì che nè pioggia nè neve avevano rotte le strade, di modo che era la polve per tutto. Onde Cornelio aveva avuto comodo cavalcare. Venuta la matina, Cornelio mandò per un sarto, per il cui mezzo egli riceveva le lettere de la Camilla. Venne il sarto e fece meravigliosa festa veggendo Cornelio. Parlarono insieme buona pezza e poi Cornelio diede al sarto una lettera, che portasse a la sua donna. Come ella conobbe l’amante suo esser in Milano, lieta insieme e dolente si ritrovò. Lieta, chè sperava veder il suo Cornelio, dal quale, essendosi posto a tanto periglio, ella portava ferma openione che da lui era unicamente amata. Si trovava poi molto di mala voglia, perciò che fra un giorno o dui ella aspettava il marito. Ora devete sapere che ella, ne la lettera che scrisse a Mantova a l’amante errò nel giorno de la partita del marito; il che fu cagione che Cornelio tardò più di quello che era il bisogno a partirsi da Mantova. Al sarto diede la donna alora un bollettino, ove scriveva al suo Cornelio che quel giorno stesso tra le vent’una e le ventidue ore ella l’attenderebbe su la porta del suo palazzo, e che egli mascherato ci andasse e facesse un certo segno. Venuta l’ora, Cornelio, con quelli abiti di varii colori e lunghi che in Milano dai gentiluomini s’usano, con certi pennacchi in capo si mascherò e montato suso un bellissimo e leggiadro giannetto verso la stanza de la sua Camilla tutto solo s’inviò, e quella sulla porta più che mai vaga, bella ed aggraziata, che con alcuni gentiluomini ragionava, ritrovò. Quivi Cornelio giunto, inchinandosi a la donna fece il segno, e senza parlar se ne stava. Quei gentiluomini veggendo un mascherato che senza far motto appresso loro s’era fermato, e giudicando che a la donna senza testimonii volesse parlare, come discreti che erano, dato di piedi a le lor mule si partirono, ed a Cornelio, senza saper a cui, lasciarono il campo libero. Egli, come furono partiti, salutò riverentemente la donna, la quale fatta di mille colori stette buona pezza senza poter parlare. Cornelio era quasi fuor di sè e a pena credeva esser vero che egli fosse ov’era, e la sovrana bellezza de la

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