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che essendo per tutta la Magna la festa di san Martino in gran venerazione e in quel dì facendosi di molte feste, che tutti supplicavano che egli degnasse dispensare con tutta la nazione, che se bene il giorno di san Martino veniva in venerdì o sabbato, che si potesse mangiar de la carne, come si costuma il giorno di natale. Il papa veduta la indiscreta domanda di coloro che volevano paragonar la festa d’un santo a colui che fa i santi, non attese a volerglielo negare; ma fattosi dar la penna, sottoscrisse la supplicazione con queste formali parole: – Sia fatto come si domanda, pur che quel dì si astengano di ber vino. – Come i tedeschi videro quella segnatura, non sapendo che dirsi, si smossero da tal domanda non volendo perder il vino per mangiar carne. E certamente il papa non poteva far meglior risposta, perciò che avendo voluto dir che non stava bene ed altre ragioni che si potevano dire, ci sarebbe stato da disputare un anno; ma con questa troncò tutto ciò che dir potevano. Fu da tutti gli ascoltanti generalmente la pronta ed artificiosa segnatura di papa Giulio commendata, quando un cameriero del detto cardinale, che era spagnuolo e chiamavasi il Castigliano, così disse: – Ancor che io perfettamente non parli italiano, nondimeno ciò che voi dite intendo benissimo ed anco quando parlo sono inteso. Perciò, invitato de la pronta risposta di papa Giulio, vi dico che mio avo, che era stato lungo tempo a Roma, diceva che, essendo la guerra tra Ferrando vecchio re di Napoli e ’l duca Giovanni d’Angiò, venne a Roma la nuova come il duca Giovanni era stato rotto. Onde il cardinale di Amens, incontrando il signor Marino Tomacello, che era ambasciator al papa di Ferrando, che andava a palazzo disse: – Che cosa è questa, signor oratore, che avete sparsa per Roma, che il campo francese è stato rotto e messo in fuga? – Io non ho, monsignor, detto questa cosa, rispose Marino, – ma ho ben divolgato che tutti quelli che erano col signor duca d’Angiò sono stati o morti o presi, a ciò che nessuno potesse fuggire. – Punsero queste parole il cardinale, il quale mezzo irato disse: – Marino, Marino, tu sei troppo più malizioso che a sì picciol corpo non conviene, – perchè era Marino di picciola statura. Egli alora ridendo, al cardinale che era grande, grosso e grasso, così rispose: – E tu, monsignor mio, sei assai men veritevole e giusto di quello che a questa tua grandezza conviene; – onde veggendo il cardinale che nulla guadagnava, entrò in altri ragionamenti. – Parve a tutti che il signor Marino si fosse egregiamente portato e che in tutto egli avesse fatto come fanno i schermitori, che ricevendo botta danno risposta. E

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