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giudicio di questi tali era senza appellazione alcuna accettato. Ben poteva il re, pronunziata la sentenza, od in tutto od in parte diminuir la pena ed assolver il reo. Onde chiaramente si comprendeva che la sentenza dai consiglieri pronunziata era pura giustizia, e la voluntà del re, se alcuno assolveva, era grazia e misericordia. Fu adunque astretto il re, per gli statuti del regno, nel suo conseglio la cagione de la sua mala contentezza dire. Il che puntalmente egli fece. I consiglieri, poi ch’ebbero le ragioni del re udite, mandarono per Ariabarzane, dal quale con maturo essamine volsero intender perchè egli la tale e la tal cosa avesse fatto. Cominciarono dopoi li signori consiglieri sovra la proposta questione a disputare, ed insieme contrastando nel ricercar la verità de la cosa, insomma dopo una lunga contesa fu da lor giudicato che Ariabarzane ne perdesse il capo, sì perchè s’era voluto agguagliar al re, anzi avanzarlo, ed altresì perchè non aveva mostrato allegrezza d’aver preso per moglie una figliuola del suo re, nè rese a quello le debite grazie di tanta cortesia. Era appo i persiani per fermo tenuto che in qualunque atto od operazione che si sia, ogni volta che il servo cerca d’avanzare e di superar il suo signore, quantunque l’opera sia lodevole e degna, avendo riguardo al disprezzo che egli ha a la regia maiestà, che ne deve essere decapitato, perchè troppo altamente offende il suo padrone. E per meglio confermar questa lor sentenza dicevano essi signori consiglieri esser altre volte dai regi persiani tal diffinizione stata essequita e registrata nei loro annali. Il caso era tale. Era ito il re di Persia a diportarsi con molti dei suoi baroni in campagna, ed avendo seco i falconi cominciò a farli volar dietro a varii augelli. Non dopo molto ritrovarono un aerone. Comandò il re ch’uno dei falconi che era tenuto per il meglior che ci fosse, perchè era di gran lena e saliva fin a le stelle, fusse lasciato dietro a l’aerone. Il che fatto, l’aerone cominciò ad alzarsi ed il falcone a seguitarlo gagliardamente. Ed ecco in quel che il falcone dopo molti contrasti voleva gremir e legare, come dicano, l’aerone, che un’aquila comparve. L’animoso falcone, veduta l’aquila, non degnò più di combatter il timido aerone, ma con rapido volo verso l’aquila si rivolse e quella cominciò fieramente ad incalciare. Si diffendeva l’aquila molto animosamente, ed il falcone d’atterrarla si sforzava. A la fine il buon falcone con i suoi fieri artigli quella nel collo afferrò e dal busto gli spiccò la testa, onde in terra, in mezzo a la compagnia che con il re era, cadde. Tutti li baroni e gentiluomini che col re erano lodarono questo atto infinitamente, e tennero il falcone per uno

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