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che prima Ariabarzane per la sua magnanimità e liberal cortesia fosse coronato d’una corona d’alloro, a ciò che s’avesse riguardo al generoso animo di quello, ma che avendo egli con tanta emulazione, con tanto studio, con sì assidua industria e con ogni sforzo voluto contender col suo re e di par liberalità anzi maggior seco giostrare e farseli superiore, e più di lui farsi liberal e magnanimo conoscere, e di più avendo egli contra quel mormorato, che per questo gli fosse tagliata la testa. Avvertito Ariabarzane de la severa sua condannazione, con quella grandezza d’animo questo velenoso stral di fortuna sostenne, che gli altri colpi di contraria e nemica fortuna aveva sopportati, e di maniera si diportava e conteneva, che segno in lui di malinconia o di disperazione non si vide. Solamente con allegro viso a la presenza di molti disse: – Questo solo ultimamente mi restava, che io al mio signore de la vita e proprio sangue liberal divenissi. Il che farò molto volentieri e di modo che il mondo conoscerà che prima posso morire che mancar de la mia solita liberalità. – Fattosi dunque chiamar il notaio, fece il suo testamento, chè così permettevano le leggi di Persia, e a la moglie e a le figliuole accresciute le doti, e a’ suoi parenti ed amici lasciato quel che conveniente gli parve, al re lasciò gran somma di gioielli preciosissimi; a Cirro, figliuolo del re e suo genero, oltre buona quantità di danari, legò tutte le sue armi così da offesa come da diffesa, con tutti gli stromenti bellici e quanti cavalli aveva. Ultimamente ordinò che, se la moglie che poteva esser gravida partoriva un maschio, il figliuolo che nascerebbe fosse suo erede universale; se femina partorisse, che fosse a par de l’altre due figliuole dotata, e il rimanente fra lor tre sorelle si dividesse con ugual parte. Provide anco che tutti i suoi servidori fossero secondo il grado loro guiderdonati. Il che, il giorno innanzi ch’egli devesse essere ucciso, publicato, secondo il costume di Persia, fu generalmente da tutti giudicato che il più liberal uomo e magnanimo mai non era stato in quel paese, nè forse nei circonvicini. E se non erano alcuni invidiosi che appo il re sempre avevano cercato di rovinarlo, tutti gli altri mostravano gran dispiacere che egli a tal modo devesse morire. Ora non era a chiunque si fosse lecito, quando simil giudicii si facevano, supplicar il re per la vita del condannato. Il perchè, la moglie e le figliuole di Ariabarzane con li parenti ed amici vivevano in grandissimo cordoglio, ed altro, giorno e notte, non facevano che piagnere. Venuto l’ottavo giorno, chè tanto spazio di tempo ha il condannato a disporre le cose sue, fu fatto per comandamento del re

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