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persuadere al signor Ardizzino questa sua favola esser vera, se non avesse mostrato questa sua ultima affezione, di modo che egli giudicò la donna essersi mossa per odio particolare che al conte portava e non per cagion di lui, e tenne per fermo che il conte mai non l’avesse fatto motto di simil materia. Nondimeno mostrò aver avuto molto a caro simil avviso, e senza fine ne la ringraziò, promettendole di attenersi al suo saggio conseglio. Ma egli non era già per seguirlo, anzi aveva in animo d’andare a Milano e di parlarne col conte, come fece; chè, tolta l’oportunità, essendo in Milano si ridusse a ragionamento col conte, e puntalmente gli aperse tutto ciò che da la donna gli era stato detto. Il conte si fece il segno de la croce, e tutto pieno di meraviglia disse: – Ahi putta sfacciata che ella è. Se non fosse che non può esser onore ad un cavaliero d’imbruttarsi le mani nel sangue di donna, e massimamente di donna vituperosa come è costei, io le cavarei la lingua per dietro la nuca; ma prima vorrei che ella confessasse quante volte m’ha con le braccia in croce supplicato che io vi facessi ammazzare. – E così l’un l’altro discoprendo le magagne de la rea femina, conobbero la malignità sua. Il perchè ne dissero quel male che di rea e disonesta femina si possa dire, e in publico e in privato narravano le ribalderie di quella, facendola divenir favola del popolo. Ella, sentendo ciò che questi signori di lei dicevano, ancor che mostrasse non se ne curare, arrabbiava di sdegno e ad altro non pensava che a potersene altamente vendicare. Venne ella poi a Milano, e condusse la casa de la signora Daria Boeta e quivi si fermò. Era in quei dì a Milano don Pietro di Cardona siciliano, il qual governava la compagnia di don Artale suo fratello leggitimo, perchè egli era figliuol bastardo del conte di Collisano, che morì al fatto d’arme de la Bicocca. Questo don Pietro era giovine di ventidui anni, brunetto di faccia ma proporzionato di corpo e d’aspetto malinconico, il quale veggendo un dì la signora Bianca Maria, fieramente di lei s’innamorò. Ella conoscendolo e giudicatolo piccione di prima piuma ed instrumento atto a far ciò che ella tanto bramava, se le mostrava lieta in vista, e quanto poteva più l’adescava, per meglio irretirlo e abbarbagliarlo. Egli, che più non aveva amato donna di conto, stimando questa esser una de le prime di Milano, miseramente per amor di lei si struggeva. A la fine ella se lo fece una notte andar a dormir seco, e con amorevolissime accoglienze lo raccolse, e mostrandosi ben ebra de l’amor di lui, li fece tante carezze e gli dimostrò tanta amorevolezza nel prender amorosamente piacer insieme, che egli si

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