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denti in bocca, minacciandolo di peggio se mai in Napoli si lasciava vedere, e quasi fu alora per dargli una pugnalata; pur si ritenne. E il fante uscì di camera e quella stessa notte di casa, e il giorno poi partì di Napoli con il male e con le beffe. Angravalle, udite le dette ragioni e vere credendole, a lei disse: – Ma che dirai tu che io con questi occhi tra le tre e le quattro ore ho veduto uno che qua su se ne venne, e m’è parso certamente Niceno? Io il vidi, e so che io non dormiva. Può ben esser che io m’inganni in dire che sia Niceno, che potrebbe essere un altro. Ma per lo santo corpo di san Gennaro, che io ho visto salir un uomo qua su. – Questo, – rispose la donna, – se tu dici aver visto, io lo crederò. Ma sai che cosa è? Il fante, per colorir le sue bugie, averà per via di prezzo fatto venir alcuno che sarà montato qua su, e come tu partisti l’averà fatto tornar indietro. La casa è grande, e il tristo ha le chiavi di tutte le porte. – Angravalle a questo non sapendo che rispondere, si sarebbe volentieri a dosso al famiglio sfogato se in camera stato fosse. Ma egli già aveva pagato di calcagni. Ora Bindoccia, veggendosi l’oglio su la fava, finì di narrar al padre e ai fratelli la mala compagnia che Angravalle le faceva e i molti torti, tenendola del modo che la teneva, non potendo andare nè a santi nè a feste, e tanto innanzi disse, che quasi la zuffa s’attaccò tra Angravalle e i cognati, i quali gliene volevano far una, e già avevano sfodrate le spade. E in effetto, essendo Angravalle solo, non poteva tra molti uscirne senza acqua calda. La donna, facendo vista di spartir la mischia, tolse il bastone del letto, e tra quelli animosamente mettendosi, o in fallo o come si fosse, appiccò due noci su ’l capo al marito, e tanto fece che si rappacificarono. Domandò poi Angravalle perdono d’esser troppo credulo al ribaldone del fante. In questo la donna si gettò ai piedi del padre e dei fratelli, caldamente pregandoli che con loro a casa ne la menassero. – Non mi lasciate, – diceva ella, – ne le mani a costui, se vi è cara la vita mia; egli, come vedete, d’ogni cosa ha sospetto, e temo che un dì per gelosia non mi uccida. Poi, io non voglio quello sciagurato fante in casa, e de la mutola non so a che servirmi. E se io non faccio la cucina non ci sarà chi ne faccia il mangiare, se non vogliamo ogni dì mandar a la loggia dei Genovesi per vivere. – Il padre alora, volendo la figliuola seco menare, comandò ai suoi servidori che le cose di lei si prendessero. Angravalle questo sentendo si gettò ai piedi de la moglie, e piangendo la supplicò che tanto scorno non gli volesse fare. Ella stava dura, e quanto più egli pregava, tanto più ella si mostrava ritrosa. A la

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