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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Barrili - Castel Gavone.djvu{{padleft:171|3|0]]siderato sapere; ma senza imbattersi così presto nella Gilda, a cui lì per lì non avrebbe saputo che dire. La forza di mandarla via a mezzo del suo colloquio col Bardineto, l’aveva avuta. Il suo diritto e la necessità di finirla in una volta con lui, volevano pure così. Ma ora, a cose fatte, la pietà ripigliava il suo posto nel cuore di Nicolosina, e non le bastava l’animo di raccontare a quella povera ragazza i particolari di un dialogo, che doveva tornarle sommamente spiacevole.

Il lettore sa che la Gilda, rispetto a ciò, non aveva più niente di nuovo a conoscere. Ma la sua giovine padrona, che non l’aveva veduta nel suo nascondiglio, poteva temere d’abbattersi in lei, prima di essersi consigliata maturamente tra sè, intorno a quello che dovesse raccontarle, o lasciarle indovinare, de’ suoi discorsi col Pico. Epperciò, fatte le prime scale, invece di ritirarsi nelle sue stanze, ove forse poteva essere tornata l’ancella, tirò innanzi verso la gran sala, dove sperava di trovare suo padre e di avere in altre cure un momento di tregua allo spirito.

Il marchese Galeotto non era colà, dove la sua bella figliuola era andata a cercarlo. Uscito fuori della postierla a tramontana del castello, ordinava laggiù, al coperto da ogni vigilanza nemica, gli uomini che aveva scelti a compagni nella impresa su Noli. Questo diceva a madonna Nicolosina un donzello, da lei incontrato in quel mentre sull’uscio.

Ed ella fu allora per tornarsene indietro. Ma appunto allora, sul pianerottolo per cui doveva passare la fanciulla, compariva un

giovinotto, non mai veduto prima al Finaro.

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