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CAPITOLO IX.

Qui si racconta di un nibbio, che rincorrendo
una colomba s’abbattè in una tortora.


Messer Galeotto, per celato cammino alle spalle di Verzi, conduce l’eletta de’ suoi fanti su Noli. Grande e mirabile impresa era questa, di andare, egli assediato nella sua terra, a tentare l’assalto d’una terra nemica. Per altro, anche i suoi luogotenenti si segnalavano in simili atti d’incredibile audacia, e pochi giorni addietro un Enrico da Calvisio, con un pugno di Finarini era piombato così alla sprovveduta sul Borghetto, luogo murato sulla spiaggia del mare a ponente del marchesato, che i terrazzani, fedeli allora alla signorìa genovese, avevano avuto a mala pena il tempo di chiuder le porte. Il Calvisio, non potendo altro, s’impadronì d’una galeotta che que’ del Borghetto tenevano ormeggiata alla riva, e preso il largo, avvistò otto feluche genovesi, le quali portavano vettovaglie all’esercito. Qui, senza darsi un carico al mondo della galèa nimica che incrociava su que’ paraggi e che doveva essere in quel mentre nelle acque d’Albenga, navigò incontro ai nuovi venuti, e, fingendosi mandato dal sopracòmito della anzidetta galèa, li condusse a pigliar terra

dov’egli voleva; così

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