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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Barrili - Castel Gavone.djvu{{padleft:247|3|0]]carro, non senza aver dato una prudente sbirciata per mezzo alle ruote, e con passo leggiero, ma in apparenza sbadato, colle mani in tasca e gli occhi in guardia, andò incontro al pericolo.
Mai volpe vecchia s’accostò più guardinga al pollaio insidiato, di quello che il ragazzo dall’Altino a quella baracca di legno, in cui si patteggiavano le sorti del suo luogo natale. Egli voleva esser pronto ad apparire in atto di chi torni da una passeggiata, e per moto di prudenza istintiva tenea corrugate le labbra e dondolava la testa per zufolare in cadenza; ma il fiato lo chiudeva per bene tra i denti, poichè, se gli venia fatto, voleva udire, non essere udito.
Così infatti gli avvenne. Non ho detto che la fortuna ama i giovani?
Anselmo Campora data la sua scorsa nei pressi della capanna, aveva bandito per allora ogni sospetto e la conversazione proseguiva più calda che mai.
— Già, — diceva il Sangonetto, quando il Maso riuscì a metter l’orecchio da un altro lato del tramezzo, — la condizione sarebbe di ucciderlo. Egli non consentirà a questi patti, se non gli si leva d’innanzi quel terzo incomodo.
— Ucciderlo! — notò il Maso tra sè, — Diavolo! Chi sarà costui che si condanna in tal modo, senza fargli il processo? —
Intanto il Picchiasodo rispondeva.
— Ah, quanto a ciò, non lo sperate, Messer Pietro è un gentil cavaliere e non vi accetterà mai un tal patto.
— Manco male! — ripigliò il Maso, sempre tra sè, — Chiunque sia l’uomo
che si vuol morto, questo messer Pietro Fregoso incomincia a piacermi.