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CAPITOLO XIII.
Del giro che fece un segreto prima di uscire ad utile
di qualcheduno.
L’ho detto; il Maso correva, volava come il dio Mercurio portalettere,
o come Iride, messaggiera d’Olimpo. Se egli pare soverchio ardimento
rassomigliarlo agli Dei, fo un passo indietro e lo imbranco tra gli
eroi, rassomigliandolo ad Ettore, quando scappò davanti all’ira di
Achille e prese più volte a tondo la misura di Troia. E se neppur
questo vi torna, lo paragonerò... Ma, Dio buono, che grattacapi mi
piglio? e che bisogno c’è egli di paragonarlo a qualcuno? Scappava, e
basta.
Così dandola a gambe, giunse alle viste dell’erta su cui torreggiava il castello. Per altro, n’era ancora lontano un bel tratto, e gli bisognava passare sotto il tiro dello beltresche, e delle bicocche, guardiole di legno, rizzate su pali, donde le scolte avanzate velettavano il nemico.
Il suo apparire sull’erta fu prontamente notato, e un verettone, scagliato da mano maestra venne a fischiargli all’orecchio. Se in quel punto e’ non avesse dovuto cansarsi da un sasso che attraversava il sentiero e perciò non si fosse tirato da banda, povero Maso! il suo
segreto era morto con lui.