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— Eh, potaste chiamarli cani addirittura, senza tanti rigiri! — notò il Maso, che voleva sempre dire la sua. — Tanto, non ci sentono, e l’ultimo di loro, con cui ho avuto a discorrere è troppo occupato a ber vino celeste. —
Qui il Maso, più brevemente che gli venne fatto, raccontò al suo vecchio principale il perchè e il percome della sua fuga dal battifolle di Pertica, cercando di ricordarsi tutte le frasi, chiare ed oscure, del Sangonetto, nel suo segreto abboccamento col Campora.
Allorquando udì della caduta di Giacomo Pico in balìa de’ nemici, mastro Bernardo, che la vedeva in cotesto come il suo antico ragazzo d’osteria, perdette proprio il lume degli occhi.
— Ah, l’avrei giurato! — gridò, serrando rabbiosamente le pugna. — Io l’ho conosciuto da bel principio, quel villano rifatto! Serpicina riscaldata, per amor di Dio, in seno ai nostri signori! Ed ecco ora com’ei li rimerita!
— Oh, per questo, non dubitate; — disse il Maso a lui di rimando. — E potrebbe darsi ancora che il Bardineto avesse fatto male i suoi conti. Io me ne vo difilato da messere Antonello e gli spiffero ogni cosa.
Mastro Bernardo rimase un tratto sovra pensiero.
— No, no, — rispose egli poscia, — non lo fare! Chi è, dopo tutto, questo messere Antonello? Un buon capitano, dicono; ma che altre imprese ha egli fatto finora? Un giorno, te ne ricordi? se non ci mettevano mano le nostre donne, e’ si faceva pigliar prigioniero
insieme col cugino del nostro marchese, col ma-