< Pagina:Barrili - Castel Gavone.djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

— 272 —

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Barrili - Castel Gavone.djvu{{padleft:283|3|0]]

In quel mentre gli venne udito un insolito rumore, come d’uomini che cautamente, ma senza, poter spegnere affatto il suono dei passi e il tintinnio delle armi, battessero de’ piedi sull’impiantito d’un corridoio lontano.

Si rizzò tosto fuor delle coltri e stette coll’orecchio teso in ascolto. Quello strepito continuava, anzi venia sempre crescendo; laonde egli fu pronto a balzare da letto, per correre alla volta dell’uscio.

Madonna Bannina si svegliò in soprassalto.

— Che è? — dimandò ella sbigottita, vedendo in quell’ansia il marito.

— Bannina mia, siamo traditi! — gridò egli, con voce tremante dallo sdegno.

E uscito dalle sue stanze, s’imbattè in Antonio Porro, il quale, non avendo ancora potuto pigliar sonno, stava al pari di lui in ascolto sull’uscio della sua camera.

Antonio vide il marchese, e i loro occhi si ricambiarono i comuni sospetti.

— Il nemico? — chiese Galeotto sommessamente ad Antonio.

— Chetatevi, mio signore! Vado a vedere.

— No, no! Ti faresti ammazzare senza alcun frutto. Non senti? Son già nella gran sala. —

Antonio, che già era persuaso della inutilità dell’andare, e soltanto si era profferto per divozione al marchese, si affrettò a sbarrare la porta.

— Fuggite, dunque, messere! fuggite! — diceva egli frattanto.

— Fuggire! e come? e lascierò i miei.... la mia casa?

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.