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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Barrili - Castel Gavone.djvu{{padleft:298|3|0]]s’io romperti le braccia, come rompo questa lampada che mi dà noia. —
E gli atti seguendo la minaccia, il prode Tommaso strappò la lampa dalla sua catenella e la mandò in pezzi sul pavimento.
Poco dianzi avea fatto quest’altra argomentazione tra sè:
— Giacomo non viene; dunque ha trovato il fatto suo; dunque a te, Sangonetto, e fa conto d’essere andato per la prima volta a Verezzi. Scivolata per scivolata, questa è la meno pericolosa di certo. —
E intanto che egli, non badando al grido di angoscia di Nicolosina, nè ad un altro suono più degno della sua attenzione, ha gittato a terra la lampada, e fatto buio pesto nella cameretta di Gilda, vediamo come e perchè il suo degnissimo compare Giacomo Pico non corresse a dargli la muta.
Salito con lui fino al secondo piano del castello, il Bardineto aveva svoltato da solo verso le stanze di madonna Nicolosina. Il cuore gli battea forte nel petto, così forte che sembrava dovesse ad ogni colpo schiantarsi. Lo compresse rabbiosamente col pugno, ma invano; quel battito gli suonava continuamente all’orecchio, e parea misurargli i minuti che ancora gli restavano a diventare il più infame degli uomini. Il tradimento consumato, la nefandità a cui si disponeva, e senza la quale il suo tradimento sarebbe stato il più inutile tra i delitti, gli turbinavano senza posa nell’anima, e, come le furie antiche, istigatrici e punitrici ad un tempo, lo incalzavano e lo inseguivano, gli toglievano il senno, ma senza levargli altrimenti
dagli occhi l’immagine della sua abbiettezza.