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— Non lo saprete.... dal mio labbro.... mai! Vi basti di avermi trovato qui, in vece sua, per salvarla da voi.

— Ah sì! Diffatti, perchè sei tu qui? e se tu sei qui nella sua camera, — proseguì egli, illuminato da un improvviso raggio di luce, — perchè non sarebbe ella andata a nascondersi nella tua?

— Ah! — sclamò ella, balzando in piedi e guardandolo in volto con occhi atterriti.

— Sta bene! — disse Giacomo Pico. — La tua paura ti tradisce. Essa è là. Ed ora, vedremo se ella mi sfugge. —

Così dicendo, Giacomo Pico andò verso l’uscio. Ma la Gilda, ritrovò in un subito le forze smarrite.

— Voi non uscirete di qui! — gridò ella con piglio risoluto.

E veloce come la folgore, corse all’uscio, lo chiuse, trasse la chiave, e, innanzi ch’egli avesse avuto tempo a raccappezzarsi, andò a gittarla sotto un forziere, che stava in un angolo della camera.

L’arnese era di gran mole e appariva eziandio di tal peso da non potersi smuovere così agevolmente; inoltre, la Gilda si era aggravata colla persona contro la sponda del forziere, e, chiuse le mani intorno agli spigoli, mostrava negli atti e nello sguardo scintillante di esser pronta a resistere con ogni sua possa. Al solo vederla in quella sua minacciosa postura, il drago, custode geloso dei tesori nascosti, non sarebbe parso una favola.

Livido per rabbia impossente, Giacomo Pico ristette alquanto sopra sè. Gli pareva impossibile che una donna avesse a fare così grave ostacolo

a’ suoi disegni,

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